Le immagini sembrano venire da una prigione sudamericana. Non per la maglia gialla del Brasile che indossa l’uomo al centro, trascinato da un gruppo di guardie penitenziarie. Ma perché la testa di quell’uomo è coperta da una federa bianca. E perché gli agenti lo colpiscono ripetutamente.

Mentre è in piedi, poi dopo averlo scaraventato per terra. I pugni arrivano da mani avvolte in guanti neri, sembrano di pelle, mentre qualcuno tira il tessuto bianco da dietro, a stringere il fiato. In una fase successiva del video l’uomo viene trasportato verso la cella, sollevato da terra, parallelo al pavimento. Non ha più i pantaloni. Le divise blu gli scoprono la testa e lo buttano dentro. Poco più tardi da sotto la porta di ferro scorrerà il sangue, andando a formare una pozza sull’uscio.

LE IMMAGINI SHOCK sono state rese note ieri dall’Ansa, che afferma di aver visto il filmato integrale della durata di dieci minuti: nei primi sette il pestaggio avviene in corridoio, negli altri tre davanti alla cella. I fatti risalgono al 3 aprile scorso e si svolgono nel carcere di Reggio Emilia. La vittima è un cittadino tunisino di 40 anni, condannato per reati legati allo spaccio a una pena di tre anni (gliene resta uno da scontare).

Se oggi possiamo vedere questo spaccato di vita nelle patrie galere è perché quel detenuto ha avuto prontezza e coraggio di denunciare. Non è facile accusare i secondini con cui poi si deve continuare a spartire la prigione, ma lui lo ha fatto. La mattina seguente ha chiamato il suo avvocato, Luca Sebastiani, e gli ha raccontato tutto. Il legale ha raccolto la denuncia e si è recato direttamente presso la procura di Reggio Emilia, che è intervenuta immediatamente per mettere al sicuro il contenuto delle telecamere. «Altrimenti lo avremmo perso», afferma Sebastiani. «Sono immagini agghiaccianti e inaccettabili, una violenza gratuita contro un uomo solo, privato della libertà, incappucciato, ammanettato e a terra – continua – Parliamo di un fatto grave, avvenuto in Italia. Peraltro, solo pochi giorni fa abbiamo dovuto assistere al trattamento disumano riservato a una cittadina italiana in un carcere di un altro Stato europeo».

PER IL PESTAGGIO la procura ha chiesto il rinvio a giudizio di dieci agenti. In otto sono accusati di tortura. Tre denunce riguardano il falso ideologico: evidentemente qualcuno ha provato a raccontare un’altra storia nella relazione di servizio, una storia poi smentita dalle telecamere. A luglio il gip Luca Ramponi aveva emesso un’ordinanza di interdizione dal servizio per tutti e dieci gli agenti indagati, parlando di qualcosa di «brutale, feroce e assolutamente sproporzionato rispetto al comportamento del detenuto». Il quale sarebbe stato aggredito all’uscita della stanza del direttore dove aveva ricevuto una sanzione di isolamento per violazioni del regolamento dell’istituto. L’uomo ha raccontato di essere rimasto a terra per quasi un’ora a seguito del pestaggio. È stato soccorso da un medico solo dopo essersi ferito con i frammenti del lavandino infranto per richiamare l’attenzione, procurandosi tagli talmente profondi da riempire il corridoio di sangue.

L’udienza preliminare si terrà il 14 marzo. L’associazione Antigone, che lavora per la tutela di diritti e garanzie dietro le sbarre, ci sarà. Chiede di essere ammessa come parte civile. «Non sono episodi isolati. Da Santa Maria Capua Vetere a Bari, Torino, Ivrea, San Gimignano questi fatti continuano a ripetersi e arrivano condanne e rinvii a giudizio – afferma l’avvocata Simona Filippi, dell’associazione – C’è da fare una valutazione generale su come sia possibile che tutto questo accada nonostante la presenza delle telecamere».

LA DEPUTATA e responsabile giustizia del Pd Debora Serracchiani chiede che il guardasigilli Carlo Nordio riferisca in parlamento «sulle torture in carcere a Reggio Emilia». Di «immagini gravissime» parlano i 5S.