Ascoltati in prima commissione alla camera sul disegno di legge costituzionale che introduce il referendum propositivo, tutti i costituzionalisti esordiscono con una lode al metodo seguito dalla maggioranza: l’iniziativa di una riforma puntuale e organica è parlamentare, anche se il ministro Fraccaro la rivendica con la presenza. E quasi tutti apprezzano l’obiettivo di rivitalizzare la partecipazione dei cittadini alla vita democratica. Poi però svolgono una serie di critiche al testo e avanzano una lunga lista di modifiche necessarie che se venissero prese sul serio comporterebbero la necessità di riscrivere la proposta. Al contrario i 5 Stelle spingono per un esame rapido, vogliono tempi contingentati a gennaio, il governo (Di Maio) non si è trattenuto dal dare al parlamento il suo ultimatum sull’approvazione. «Discutere una riforma costituzionale in piena sessione di bilancio vuol dire piegare i lavori alle esigenze della sola maggioranza», dice il deputato di +Europa Magi. Mentre Fraccaro e il presidente della prima commissione (anche lui 5 stelle) si accontentano di esaltare le premesse delle audizioni. «Molti degli auditi hanno convenuto sulla necessità di potenziare la democrazia diretta», dice il ministro,«gli esperti hanno espresso il loro apprezzamento per il metodo», aggiunge Brescia. Ma dovrebbero preoccuparli la totale assenza – per il secondo giorno consecutivo – della Lega dai lavori di commissione, segnale di un disinteresse verso questa riforma costituzionale (al contrario al senato la riduzione dei parlamentari ha in Calderoli il relatore).

Su quattordici giuristi ascoltati in due giorni, solo un paio hanno finito con il mettere l’accento più sul consenso al metodo che sulle preoccupazioni riguardo agli esiti. Critiche sono state avanzate su tutti gli aspetti. Ad esempio sul quorum, che nella proposta M5S non è previsto per il referendum propositivo. Praticamente tutti i costituzionalisti lo ritengono invece indispensabile, «per evitare che un’esigua minoranza parli per tutto il popolo» ha detto Azzariti. Anche Onida, citato dai 5 Stelle proprio per l’appoggio al metodo della riforma puntuale (che del resto assieme a Pace richiama da tempo) ha insistito sulla necessità di un quorum «fisso» (altri preferiscono il quorum «mobile», e cioè il 50% più uno degli elettori delle precedenti elezioni politiche). Onida ha anche raccomandato di ampliare il catalogo delle leggi escluse dall’iniziativa popolare rafforzata e quindi dal referendum, includendo tutte le leggi esclusivamente di spesa.

Luciani ha proposto di inserire un controllo di costituzionalità anticipato – per sopperire al mancato filtro del presidente della repubblica e per non mettere la Consulta nelle condizioni di andare contro la volontà popolare -, opinione condivisa da Onida, Talli Barbieri, Guzzetta ma non da Azzariti. Il quale ultimo ha indicato il rischio che il voto su testi contrapposti (quello del comitato promotore e quello del parlamento) alimenti pulsioni anti parlamentari, rischio evidenziato anche da Porena, Tarli e Villone. Secondo Villone potrebbero addirittura proporsi leggi con il «baco» al solo scopo di attirare il parlamento nella sfida referendaria. Per questo andrebbe introdotta la valutazione dell’ufficio centrale della Cassazione, così come accade per il referendum abrogativo.

Gli apprezzamenti, in definitiva, non sono da leggersi come un via libera incondizionato ai 5 Stelle. E certo pensava a loro Luciani quando, dicendo di sì al referendum propositivo, ha subito chiarito che «il destino della nostra forma di governo è rappresentativo ed è illusorio immaginare una presa diretta dei cittadini sulle istituzioni attraverso la rete».