Dal primo giugno dodici operatori precari delle politiche attive del lavoro legati all’Anpal Servizi, l’agenzia in house al cuore del sistema del cosiddetto «reddito di cittadinanza» – diventeranno disoccupati. Si troveranno nella stessa condizione di altri due colleghi ai quali non è stato rinnovato il contratto a tempo determinato il 20 maggio. «Siamo al paradosso: invece di formare i navigator e dare assistenza ai centri per l’impiego finiremo noi a chiedere il reddito» ha detto uno dei precari intervenuto al presidio organizzato ieri davanti alla sede centrale dell’agenzia in Via Guidubaldo del Monte a Roma da tutte le sigle sindacali: il sindacato di base autorganizzato Clap, il coordinamento dei precari, Cgil, Cisl e Uil. Un fatto nuovo in una vertenza importante che dura da mesi.

QUESTO È SOLO UNO dei paradossi che il ministro del lavoro Di Maio, e Domenico Parisi, il presidente italo-americano dell’Anpal, non intendono al momento sciogliere. Siamo infatti all’inizio di una catena potenziale di eventi drammatici per 642 persone, di cui 520 collaboratori in scadenza l’anno prossimo e 122 lavoratori a tempo determinato. A partire da luglio, insieme all’assunzione dei tremila «navigator» il cui contratto scadrà tra due anni, formeranno l’agenzia con il record di precariato: il 90 per cento del personale. Se Di Maio e Parisi non decideranno di stabilizzare persone che, in molti casi, hanno esperienze decennali, si inizierà a parlare di «esuberi». Ecco la seconda devastante contraddizione che investe i tempi determinati. «Il decreto dignità doveva superare la precarietà a partire dalle aziende di stato – osserva il coordinamento dei precari – Anpal servizi è invece la dimostrazione che stiamo diventando disoccupati. È la prova che non si sta stabilizzando nelle aziende di stato».

NON È FINITA QUI: nei meandri caotici del neo-istituito «workfare» all’italiana che non tarderà a far conoscere gli aspetti autoritari, è prevista la stabilizzazione solo per circa 25 persone su 122 per un milione di euro. A tale fine è previsto un ennesimo un concorso che prefigura una competizione tra gli attuali «td» per prendere un posto che già hanno e per il quale hanno fatto altri concorsi. Ancora sconosciuto è l’uso che l’Anpal vuole fare di 25 milioni di euro già stanziati. Vanno usati per le stabilizzazioni dicono i precari che hanno ricevuto la solidarietà degli assessori al lavoro di Piemonte, Toscana, Umbria e Friuli, da Chiara Gribaudo e Teresa Bellanova del Pd, Annamaria Bernini (Forza Italia) Stefano Fassina (LeU) intervenuto al presidio. Parisi non li ha incontrati. Ieri i lavoratori sono stati ricevuti da delegati aziendali. La prossima settimana è previsto un nuovo incontro. Se le risposte non arriveranno per chi termina il contratto «continueremo la lotta, e metteremo in discussione l’assistenza tecnica ai beneficiari del reddito e ai centri per l’impiego» sostiene il coordinamento dei precari. In pratica: «Nuovi scioperi».

L’INCREDIBILE STORIA dei precari dell’Anpal è il simbolo di un sistema che produce precari a mezzo precari. L’interminabile serie di paradossi di cui sono involontari protagonisti è così riassumibile: chi aiuta i precari a cercare un lavoro, è più precario di loro e sembra destinato alla disoccupazione. E ancora: un sistema che, formalmente, è stato concepito per essere «contro il precariato», materialmente lo moltiplica. E, invece di eliminare i contratti precari, elimina i precari e ne crea di nuovi. È la vecchia legge che abbiamo conosciuto dagli anni Novanta. È stata dilatata a dismisura negli ultimi dieci grazie alla crisi: si aboliscono i precari, non la precarietà. Quest’ultima, come sarà evidente da qui a un anno, poco più o poco meno, sarà implementata a dismisura da quel sussidio pubblico in cambio di lavoro e mobilità obbligatoria chiamato «reddito di cittadinanza». Nel frattempo sarà entrato in funzione il sistema di digitalizzazione dei dati e piattaformizzazione della domanda e offerta di lavoro prefigurato dalla governance algoritmica e ispirata alle regole del lavoro digitale dei rider o l’e-commerce di Amazon. Se non funzionerà, aumenterà solo il tasso di disoccupazione. Nel frattempo sarà realizzata la più grande raccolta dati (data mining), di raffinamento (smart data) e profilazione si più di un milione di persone. Per ora. Viviamo in un sistema del capitalismo di piattaforma, e dei suoi duplicati statali, in cui nulla è casuale.