La gip del tribunale di Roma Francesca Cirianna ha disposto l’archiviazione della querela sporta dalla senatrice Isabella Rauti contro lo storico Davide Conti per un suo articolo uscito sul manifesto dell’11 dicembre 2022. Alla vigilia dell’anniversario della strage di piazza Fontana, Conti aveva commentato un’uscita della premier Giorgia Meloni che, senza indicare la matrice neofascista del massacro del 12 dicembre 1969, invitava tutti a «non dimenticare le vittime innocenti di quella barbarie» e a «non smettere di cercare verità e giustizia». Da qui qualche dovuta precisazione, come la presenza al governo, in qualità di sottosegretaria alla Difesa, di Isabella Rauti, figlia di Pino, «fondatore del gruppo eversivo filo-nazista Ordine Nuovo responsabile della strage di Piazza Fontana e sciolto per decreto dal ministro dell’Interno Paolo Emilio Taviani nel 1973».

UN PASSAGGIO che alla senatrice Rauti non era piaciuto e che l’ha spinta a presentare querela alla procura di Roma. Adesso, dopo la richiesta di archiviazione formulata dal pm, è arrivata la conclusione della storia: quanto scritto da Conti non può considerarsi diffamatorio. Anche perché corrisponde al vero. Rauti, assistita dall’avvocato Remo Pannain, ha basato il suo risentimento sul fatto che il papà aveva fondato il centro studi Ordine Nuovo, dal quale poi sarebbe nato il movimento politico omonimo. Una storia che secondo lei sarebbe in tutto e per tutto diversa e che sarebbe offensivo accostare a Pino Rauti. In sede di udienza, però, il difensore di Conti, Fabrizio De Sanctis, ha depositato agli atti il volume «Storia di Ordine Nuovo» di Aldo Giannuli e Elia Rosati. Qui, riassume la giudice Cirianna nella sua ordinanza di archiviazione, si può leggere che «vi è sempre stata un’ambiguità nelle denominazioni Ordine Nuovo e Centro Studi Ordine Nuovo. Ordine Nuovo è nato nel 1953 come corrente del Msi, in seguito è stato fondato un giornale che portava il nome della corrente (Ordine Nuovo) ed un centro studi. Nel 1956 c’è stata la vera e propria scissione dal Msi. Nel 1969 una costola capitanata da Pino Rauti è rientrata nel Msi ed ai restanti è rimasta la denominazione Ordine Nuovo dalla rivista mensile».

DUNQUE, continua la giudice, «da un punto di vista di analisi storica, Pino Rauti (invero emerge da una qualsiasi consultazione di fonti aperte) è sempre stato inquadrato come leader di Ordine Nuovo insieme a Clemente Graziani, da cui si è separato nel 1969. Su dozzine di libri di storia Pino Rauti compare come leader di Ordine Nuovo». Infine, nell’ordinanza si rileva come «le condotte terroristiche» sono state attribuite da Conti a Ordine Nuovo e non a Rauti. Da qui l’archiviazione del caso.
«Siamo ovviamente soddisfatti per questa decisione – commenta l’avvocato De Sanctis -, ma comunque bisogna sottolineare che la querela è stata un atto molto grave, sia nel metodo sia nel merito. Nel metodo perché parliamo di un esponente del governo che querela uno storico per le sue opinioni non gradite. Nel merito perché questa ordinanza riafferma il diritto alla libera affermazione del pensiero, un qualcosa che non bisogna mai dare per scontato».

I TENTATIVI degli esponenti di Fratelli d’Italia di riscrivere la storia degli anni ’60 e ’70 (e in parte anche degli anni ’80) vanno avanti da molto prima della vittoria elettorale del 2022. Del resto parliamo di decenni in cui il Movimento sociale italiano – la cui fiamma arde ancora nel simbolo del partito della premier – si è trovato coinvolto a vario titolo in un considerevole numero delle trame che hanno scosso la Repubblica, tra attentati, stragi e omicidi. Conti, sul manifesto e nei suoi saggi, si dedica in maniera molto attenta alla demistificazione della narrazione assai autoindulgente che Meloni e i suoi fanno di quegli anni. La verità, senza timore di smentita, è che gran parte dei terroristi neri è stata iscritta al Msi e talvolta non ha mai davvero reciso i propri legami con la casa madre.

GIOVA RICORDARE, in questo senso, che lo stesso Pino Rauti è stato segretario del Msi tra il 1990 e il 1991, ad esempio. Lo stesso Rauti per il quale, ad esempio, nel novembre del 2010 la procura di Brescia chiese l’assoluzione dall’accusa di strage affermando comunque che sua è la «responsabilità morale» per piazza della Loggia: «La sua posizione è quella del predicatore di idee praticate da altri».