Mentre tutti gli occhi sono puntati sul block 2371 di Rafah – il perimetro designato come «zona umanitaria sicura» dall’esercito israeliano il 22 maggio, prima che lo bombardasse il 26 maggio massacrando almeno 45 civili rifugiati nelle loro tende – torna alla mente il telegramma confidenziale del 2009 intercettato da Wikileaks, in cui si descriveva il dramma dei civili negli ultimi giorni della guerra civile in Sri Lanka.

Inviato a metà maggio dall’ambasciata statunitense a Colombo al dipartimento di Stato a Washington, il telegramma raccontava come il vescovo di Mannar avesse telefonato per chiedere all’ambasciata di intervenire in favore di sette preti cattolici intrappolati in una cosiddetta No Fire Zone, allestita come spazio sicuro dall’esercito dello Sri Lanka.

Il vescovo stimava che ci fossero ancora fra 60.000 e 75.000 civili confinati in quella zona, situata su un piccolo pezzo di terra costiera grande circa due volte Central Park. Dopo la telefonata del vescovo, l’ambasciatore Usa ha parlato con il ministro degli Esteri dello Sri Lanka, chiedendogli di allertare i militari che la maggioranza delle persone rimaste nella No Fire Zone erano civili – era, sembrerebbe, preoccupato che a causa dell’intenso fuoco d’artiglieria quella striscia di terra lungo il mare fosse diventata una trappola mortale.

IN MODO SIMILE all’esperienza dei palestinesi che attualmente si rifugiano a Rafah, a un certo punto l’esercito dello Sri Lanka ha dichiarato unilateralmente di aver creato delle No Fire Zone, incoraggiando la popolazione civile a dirigersi lì attraverso dei volantini lanciati dagli aerei e recapitando il messaggio con dei megafoni.

Mentre circa 330.000 profughi interni si assembravano in queste zone, le Nazioni unite costruivano dei campi temporanei, e insieme a tante organizzazioni umanitarie fornivano cibo e assistenza medica alla popolazione disperata. Ma sembra che anche le Tigri Tamil si fossero ritirate nelle No Fire Zone sulla striscia di terra costiera, dove avevano precedentemente costruito una complessa rete di bunker e fortificazioni, e da dove hanno poi condotto la loro ultima resistenza.

Mentre l’esercito dello Sri Lanka sosteneva di essere impegnato in «operazioni umanitarie» destinate a «liberare i civili», un’analisi delle immagini satellitari, e numerose testimonianze, hanno rivelato che i militari attaccavano continuamente quell’area con colpi di mortaio e fuoco d’artiglieria, trasformando le zone sicure in campi di morte. Fra 10.000 e 40.000 civili intrappolati sono morti nelle cosiddette zone sicure, mentre migliaia sono rimasti gravemente feriti, spesso lasciati a terra per ore e giorni senza ricevere cure, perché praticamente ogni ospedale – sia permanente che temporaneo – era stato colpito.

LE SIMILITUDINI fra lo Sri Lanka del 2009 e Gaza nel 2024 sono sorprendenti. In entrambi i casi, l’esercito ha imposto lo spostamento di migliaia di civili, indicandogli di riunirsi in “zone sicure” dove non gli sarebbe stato fatto del male.
In entrambi i casi, i militari hanno poi bombardato le zone sicure, uccidendo e ferendo indiscriminatamente un gran numero di civili.

In entrambi i casi, l’esercito ha bombardato anche le unità mediche responsabili di salvare le vite dei civili.
In entrambi i casi, i portavoce militari hanno giustificato gli attacchi, ammettendo di aver bombardato le zone sicure, ma sostenendo che le Tigri Tamil e Hamas fossero responsabili delle morti civili in quanto si erano nascosti fra la popolazione usandola come scudo umano.

In entrambi i casi, i paesi occidentali hanno criticato l’uccisione di innocenti, ma hanno continuato a dare armi agli eserciti. Nel caso dello Sri Lanka, Israele era fra le principali fornitrici di armi.
In entrambi i casi, le Nazioni unite hanno sostenuto che gli eserciti stavano commettendo crimini di guerra e crimini contro l’umanità.

IN ENTRAMBI I CASI, i governi hanno mobilitato delle squadre di esperti che si sono servite di acrobazie legali per giustificare i massacri. La loro interpretazione delle regole di ingaggio, e dell’applicazione di concetti fondamentali della legge umanitaria internazionale fra cui distinzione, proporzionalità, necessità e le stesse nozioni di zone sicure e avvertimenti sono state messe al servizio della violenza genocidaria.

Ma mentre in Sri Lanka c’è voluto tempo per raccogliere le prove delle violazioni, e condurre delle indagini indipendenti, l’attenzione globale su Gaza, e le immagini in live streaming di bambini decapitati e corpi carbonizzati nel block 2371 possono prevenire una ripetizione completa dell’orrore dello Sri Lanka.

Il genocidio a Gaza non sta avvenendo di nascosto. I media hanno mostrato come la “zona sicura” al sud di Wadi Gaza sia stata colpita con bombe da 2.000 kg, uccidendo migliaia di palestinesi che si rifugiavano lì. La Corte penale internazionale ha raccolto le prove e ha richiesto dei mandati di cattura nei confronti del primo ministro Benyamin Netanyahu e del ministro della Difesa Yoav Gallant per presunti crimini di guerra e crimini contro l’umanità.

LA CORTE internazionale di Giustizia ha osservato l’impiego da parte di Israele di una violenza inarrestabile contro i civili e ha ordinato al governo di «fermare immediatamente» l’offensiva a Rafah, specificando che le sue azioni non sono state sufficienti «ad alleviare il pericolo immenso (incluso quello di non essere protetti dalla Convenzione sul genocidio, ndr) al quale la popolazione palestinese è sottoposta a causa dell’offensiva militare a Rafah».

Ma anche in presenza di una sentenza della più alta Corte, Israele ha continuato a bombardare le zone sicure di Rafah, lanciando più di 60 attacchi nelle 48 ore successive all’ordine della Cig. Tutti gli occhi sono puntati su Gaza, eppure Israele continua imperterrita a perpetrare i suoi crimini sotto la luce del sole mentre Stati uniti, Regno unito, Francia e Germania continuano a fornirle armi.

LA CPI E LA CIG si sono pronunciate, così come il Sudafrica, l’Irlanda e la Norvegia. Gli accampamenti universitari e il movimento globale di solidarietà chiedono ai loro governi un embargo sulle armi e un cessate il fuoco, mentre sono testimoni di come Israele abbia trasformato le zone sicure che aveva creato in campi di morte. Come in altre situazioni di estrema violenza coloniale, l’accelerazione – da parte di Israele – delle sue pratiche di sterminio e i sui goffi tentativi di rappresentarle come rispettose della legge, sono sintomi del tramonto del suo progetto di espropriazione. Ex potenze coloniali come il Regno unito, la Francia e la Germania dovrebbero saperlo. Gli Stati uniti dovrebbero saperlo. Tutti gli occhi sono puntati su Gaza. E anche su di loro.