Dopo l’annuncio di Virginia Raggi sullo stadio della Roma a Tor di Valle con (ridotta) cementificazione annessa, tutti aspettano di vedere concretamente in cosa consiste il ridimensionamento delle cubature. Tra addetti ai lavori, attivisti e tecnici, il leit motiv è uno solo, scandito con mal celata disillusione: «Bisogna vedere le carte, al momento c’è solo un accordo orale».

DALLA BASE DEL M5S, LA STESSA che nei giorni scorsi aveva manifestato in Campidoglio contro l’intesa e che aveva costretto Beppe Grillo fino alla quasi negazione di ogni margine di trattativa, trapelano motivi di amarezza, quando non di risentimento. Il gruppo del Movimento 5 Stelle al municipio VIII, quello interessato dalla grande opera, aveva annunciato un incontro assieme al Comitato contro il cemento a Tor di Valle e alla Carovana delle periferie. Mestamente, quell’assemblea è stata annullata. «Non c’è più motivo di discutere pubblicamente, almeno per adesso – ci spiegano – Di sicuro, al momento pare proprio che comandino sempre gli stessi, con le stesse logiche». Le voci sugli incontri preparatori segreti tra costruttori e amministratori per arrivare all’accordo non aiutano i sostenitori della partecipazione dal basso.

POCO SI SA DEL COMPROMESSO annunciato da Raggi. Si conoscono i problemi che esso solleva. Il primo è quello relativo alle opere di urbanizzazione. Giovanni Caudo, assessore all’urbanistica nella giunta di Ignazio Marino e regista della prima fase dell’accordo, aveva puntato tutto sull’investimento dei privati in opere pubbliche, in una sorta di logica di riduzione del danno. Il cuore del lodo Raggi-Parnasi pare invece battere il ritmo opposto: il costruttore rinuncia a una parte di cubature ma al tempo stesso il suo impegno sulle spese di compensazione viene meno. Traballa il rafforzamento della ferrovia Roma-Lido, si allontana il prolungamento della metro B, vacilla il ponte sul Tevere. Caudo risponde dall’estero: «Non conosco i dettagli del progetto attuale», dice. Poi aggiunge con una punta di sarcasmo: «Nessuno regala niente a nessuno, ma se davvero ci fosse una diminuzione di cemento a parità di opere pubbliche sarei contento come tutti».

LE OPERE PUBBLICHE PREVISTE nell’accordo contemplano due fasi. La linea Roma-Lido, la via del Mare e le opere contro il dissesto idrogeologico da realizzare prima dell’apertura dello stadio. Il ponte sul Tevere e lo svincolo della Roma-Fiumicino in un secondo momento. Fuori resterebbe il raccordo con la metropolitana. Preoccupa soprattutto la seconda parte, temporalmente troppo lontana e da realizzare quasi «fuori tempo massimo». «Mentre è stato detto chiaramente che le attuali cubature saranno ridotte – fa notare l’assessore regionale al territorio Michele Civita – non si conoscono a oggi le infrastrutture per garantire la mobilità, il miglioramento dell’ambiente e della qualità urbana».
I PROSSIMI GIORNI, DA QUESTO punto di vista, saranno decisivi. Gli uffici comunali già da lunedì lavoreranno a un testo di delibera che assorbirà anche la variante al Piano regolatore necessaria per autorizzare almeno 150 mila metri cubi in più, rispetto ai 350 mila del Prg vigente. Parallelamente alla delibera, il Campidoglio e la Roma dovrebbero lavorare anche sullo Schema di convenzione. Dal 3 marzo tornerà a riunirsi la Conferenza dei servizi. Una riunione che in teoria avrebbe dovuto essere l’ultima, quella decisiva, ma che nei fatti invece dovrebbe concludersi con la concessione di una ulteriore dilazione dei tempi richiesta dai proponenti. Almeno altri 30 giorni per permettere all’amministrazione capitolina di scrivere un nuovo testo, e al consiglio comunale di votare, una nuova delibera. Si arriverebbe così al 3 aprile. Fino a ieri, si contavano una decina di consiglieri M5S critici sul progetto. Ora la posizione vacilla, dopo che anche Roberta Lombardi ha accolto la linea dei vertici e sposato l’ipotesi di compromesso: «Stracciato il progetto iniziale. Dimezzate le cubature extra-stadio. Nessun grattacielo. Questo è uno #StadioFattoBene, brava Virginia Raggi», ha twittato. Parole concilianti arrivano anche da Cristina Grancio, una delle consigliere più critiche: «In politica nessuno asfalta nessuno, ma il sospetto di un pareggio che accontenta tutti mi viene. Allora incominciamo con il dire che senza la vigorosa fermezza dell’azione di contrasto, cara Virginia, non avremmo portato a casa il ‘nuovo e più contenuto progetto’. Lo confesso, giocavo per vincere e non per pareggiare. Ma come si usa dire proprio nel calcio ‘la partita finisce quando l’arbitro fischia’».

GLI ACCADIMENTI DI QUESTI giorni rischiano di far dimenticare un impedimento non da poco: la procedura di vincolo avviata dalla soprintendente Margherita Eichberg sull’ippodromo di Tor di Valle. L’iter dura 120 giorni, Parnasi e Pallotta potrebbero richiedere quattro mesi di proroga alla Conferenza dei servizi, scommettendo su una futura bocciatura da parte del Ministero della cultura della richiesta di vincolo. Beppe Grillo era calato a Roma per annunciare che lo stadio sarebbe stato opera di costruttori e non di palazzinari. La via di mezzo individuata da Virginia Raggi rischia di imboccare la strada opposta: se prima una cementificazione imponente (e largamente discutibile) imponeva opere pubbliche e impegni verso la città, questo accomodamento potrebbe svincolare la cittadella dello stadio da ogni opera pubblica. Questo è quel che appare dai primi rilievi. Nei prossimi giorni, vedremo le carte.