Ci sono le iraniane e gli iraniani della diaspora dietro la rete di mobilitazione globale che ieri ha portato centinaia di migliaia di persone in 158 città, in solidarietà con la rivolta che sta attraversando il paese e guidata da donne e giovani.

Reykjavik, Bucarest, , Melbourne, New Orleans, Barcellona, Liverpool, Oslo, Monaco, Tokyo, Quito, Cracovia, Smirne. E in Italia Roma, Bologna, Milano, Piacenza, Venezia, Padova. La lista potrebbe continuare.

Lo slogan è lo stesso, «The time has come», il poster anche: l’iconica immagine di una donna iraniana con il pugno alzato in piedi sopra un cassonetto bruciato. Una rete costruita in questi giorni soprattutto dalle associazioni degli studenti iraniani nel mondo, come nel caso italiano.

Qui è stata preceduta dai due sit-in di Non una di meno di fronte all’ambasciata di Teheran nella capitale, a cui ha fatto seguito ieri quella dei Radicali.

Ieri mattina il corteo romano è partito da Piazza della Repubblica per raggiungere Madonna di Loreto, a fianco del Vittoriale. Un migliaio le persone in un corteo rumoroso e colorato, tra le note di Bella ciao e lo slogan che ha accompagnato fin dal principio la rivolta in corso in Iran, «Donne vita libertà».

Tante le donne che si sono tagliate ciocche di capelli in piazza in solidarietà con le iraniane, altre quelle con il volto di Jhina Mahsa Amini sulla maglietta, la 22enne curda la cui uccisione per mano della polizia morale ha fatto da scintilla alla mobilitazione. Scene simili nelle altre città coinvolte.

E in rete cresce la mobilitazione dei lavoratori tech iraniani in diaspora che disattivano gli account social degli arrestati in Iran per impedire che le autorità trovino prove della dissidenza, costringendoli ad anni di carcere.