È un’ombra che ha gravato pesantemente sulla figura di Jorge Mario Bergoglio quella della sua presunta connivenza con la dittatura militare argentina. E che quell’accusa non l’abbia mai digerita, lo indica bene la professione di innocenza da lui ribadita, non senza accenti polemici, durante la conversazione con i suoi confratelli gesuiti ungheresi a Budapest, avvenuta il 29 aprile e pubblicata martedì da La Civiltà Cattolica. «Alcuni» del governo Kirchner «volevano “tagliarmi la testa”, tirando in ballo non tanto il caso di Jálics, ma mettendo in discussione tutto il mio modo di agire durante la dittatura», ha detto il papa riferendosi...