Sì al respingimento al confine per chi ha avuto la domanda di asilo già bocciata in Germania, ma nessun blocco alla frontiera per i profughi con i permessi rilasciati nell’area Ue.

L’ultima “offerta” della cancelliera Angela Merkel al ministro dell’Interno Horst Seehofer per chiudere la crisi innescata dal masterplan della Csu è stata respinta alla mittente ieri pomeriggio. Senza tanti complimenti. «Quando si tratta di immigrazione non siamo disposti a fare a metà» ha tuonato da Monaco il governatore della Baviera, Markus Söder, mentre a Berlino s’interrompeva clamorosamente la seduta del Bundestag per permettere la convocazione di «riunioni di emergenza» separate dei Gruppi di Cdu e Csu.

Sul punto di discordia – lo stop all’ingresso dei rifiugiati di altri Stati Ue – i cristiano-sociali non hanno voluto sentire ragioni, né aspettare la «soluzione europea» che la cancelliera attende di concordare con Bruxelles nel Consiglio del 28 giugno. Il masterplan bavarese deve essere approvato prima di consultare i capi dei governi esteri, insiste la Csu, perché «l’applicazione rimane di stretta competenza del ministero dell’Interno e noi dobbiamo pensare alla popolazione locale, non solo all’intera Europa» come spiega il capogruppo cristiano-sociale Alexander Dolbrindt.

Prontissimo – scrive la Augsburger-Allgemeine – con il ministro Seehofer a predisporre l’uscita formale dall’alleanza con la Cdu nel caso Merkel si rifiutasse di dare il via libera definitivo al giro di vite sull’immigrazione previsto negli accordi tra i partner dell’Union.

Uno scenario da incubo per la cancelliera (la cui tenuta, tuttavia, è garantita dalla “sfiducia costruttiva”: il suo governo può cadere solo in presenza di una maggioranza alternativa formata in Parlamento) e una sfida politica impegnativa almeno quanto l’emergenza-migranti del 2015.

Nei fatti “Mutti” non può, né riesce più a rimandare l’applicazione – anche sotto diverse forme – del tetto massimo di profughi che Horst Seehofer insegue da ben tre anni. E la cancelliera sa perfettamente che, con le elezioni per il rinnovo del Landtag di Monaco fissate al 14 ottobre, la parola d’ordine della Csu per fermare l’emorragia di voti verso Alternative für Deutschland non può che essere il «ristabilire l’ordine alle frontiere» pronunciato ieri da Dolbrindt dopo le discussioni separate in Parlamento.

La Csu riunirà la direzione lunedì prossimo. Obiettivo: votare formalmente l’introduzione dei controlli al confine ed elaborare la mosse della copertura parlamentare al ministro dell’interno, reduce del summit con il cancelliere austriaco Sebastian Kurz. Coinciderà con la data di scadenza dell’ultimatum dato a Merkel per «correggere gli errori della sua politica sull’immigrazione del 2015», ricorda il capogruppo dei cristiano-sociali, cogliendo l’occasione per spargere ulteriore benzina sul fuoco: «La gente ha perso fiducia e ormai anche la pazienza. Non nego che questa volta siamo di fronte a una situazione molto seria». Lo si era capito dall’improvviso blocco delle attività del Parlamento, evento tutt’altro che consueto in Germania, con gli “ufficiali di collegamento” di Cdu e Csu impegnati a compulsare i cellulari da un’ala all’altra del Reichstag.

E pensare che Merkel aveva scomodato gli esperti giuridici della Cdu per valutare la soluzione di mezzo tra la richiesta di Seehofer e la propria linea politica. In punta di diritto, si può fare, le era stato garantito fino a ieri mattina, in concomitanza con il rilascio del comunicato-stampa. «Il Presidium Cdu ha riaffermato l’obiettivo di controllare efficacemente i processi migratori in Europa e gli ingressi nella Repubblica federale ritenendo possibile il respingimento al confine tedesco di coloro cui, in passato, è stato rifiutato il permesso di asilo».

Con questa modifica nulla ostava più, secondo i piani di Merkel, al via libera del masterplan del ministro Seehofer, sufficientemente addomesticato. Ma il leader bavarese ha smontato la mossa della cancelliera, pretendendo il rispetto dei patti sanciti dall’accordo di governo che vincola i due partiti fino alla fine della legislatura.

Dai dirigenti della Cdu ieri pomeriggio non è giunto nessuno “statement” ufficiale, come rileva sintomaticamente il canale dell’informazione pubblica Deustche Welle. «Un po’ a sorpresa, alla fine delle riunioni d’emergenza dei due Gruppi dell’Union, si è presentato solo il leader dei Giovani Cdu, Paolo Ziemiak, dichiarando che il partito resta saldamente dietro a Merkel e i due partiti avrebbero trovato l’accordo per una politica comune all’inizio della prossima settimana». Ma il deputato Cdu Axel Fischer fa sapere: «Dal 2015 discutiamo di questo tema, ora bisogna decidere. Se necessario anche con un voto di fiducia».