«Impedire alla nave Open Arms l’attracco in un porto sicuro fu un atto illegittimo, in contrasto con diverse convenzioni internazionali», ha dichiarato ieri il comandante della marina Gregorio De Falco durante il processo Salvini a Palermo. Il militare è stato interrogato come testimone di parte civile. Attualmente è a capo del quarto reparto operativo della capitaneria di porto di Napoli e per 25 anni si è occupato di soccorso marino. Al tempo dei fatti era senatore del Gruppo Misto dopo la rottura con i 5S.

Siamo nell’agosto 2019 e la nave della Ong spagnola rimane bloccata per 11 giorni fuori dal porto di Lampedusa. Al Viminale c’è Salvini che sta per mettere fine all’alleanza con Giuseppe Conte ma si sente forte dei suoi decreti sicurezza. Oggi il leghista è accusato di sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio.

Secondo De Falco i provvedimenti voluti dal leader del Carroccio erano «in contrasto con varie convenzioni internazionali sul diritto del mare». In particolare con quella delle Nazioni Unite firmata a Montego Bay che prevede il potere dello stato costiero di interdire una nave straniera, ma solo quando il suo passaggio non è considerato «inoffensivo». Nulla a che fare, dunque, con un’imbarcazione che ha salvato esseri umani in pericolo. De Falco ha anche ricordato che il salvataggio è soltanto una delle fasi del soccorso, nozione giuridica più ampia che include anche lo sbarco in un porto sicuro.

Il comandante ha raccontato che in quei giorni chiese alla ex ministra della Difesa Elisabetta Trenta di non firmare un nuovo provvedimento interdittivo per la nave dopo che il primo era stato bocciato dal Tar del Lazio. Lei rispose che, nonostante si sentisse isolata e tra i 5S ci fossero posizioni diverse, non lo avrebbe fatto. Al pari di Danilo Toninelli, collega di partito e titolare delle Infrastrutture.

Durante l’interrogatorio De Falco non ha risparmiato dure critiche alla sedicente «guardia costiera» libica. Ha affermato che è composta da criminali, alcuni dei quali condannati nello stesso paese nordafricano, e spiegato come sia improprio considerarla titolare di un centro di coordinamento del soccorso dal momento che non dispone neanche di un sistema di diffusione degli Sos via radio. Mancanza a cui suppliva una nave della marina italiana.

Per la difesa di Salvini l’udienza di ieri ha mostrato che sul banco degli imputati c’è una linea politica e non una condotta. L’avvocata Giulia Bongiorno, senatrice della Lega, ha annunciato l’intenzione di produrre un dossier relativo a dieci missioni di navi Ong in cui tra la richiesta e l’assegnazione del porto è intercorso un tempo maggiore rispetto al caso Open Arms. Riguardano il 2021-2022 quando ministra dell’Interno era Lucana Lamorgese, che durante il governo Draghi ha avuto come sottosegretario il leghista Molteni. Che quei ritardi, sebbene mai trasformati in veri e propri blocchi, sarebbero stati usati come elemento difensivo da Salvini era chiaro da tempo.

La prossima udienza si terrà il sei ottobre. Sarà interrogato anche Richard Gere.