Lunedì 17 settembre è iniziato a Tegucigalpa, nei locali della Corte suprema di giustizia, il processo per l’omicidio di Berta Cáceres, la leader indigena hondureña del Copinh (Consiglio civico di organizzazioni popolari e indigene dell’Honduras), uccisa nella sua casa de La Esperanza la notte tra il 2 e il 3 marzo del 2016.

Sono passati trenta mesi da quando un gruppo di sicari entrò nell’abitazione della donna, le sparò in camera da letto e ferì l’attivista messicano Gustavo Castro Soto, che dormiva in un’altra stanza. Il processo, che vede imputate otto persone, è stato immediatamente sospeso. Il tribunale ha accolto la richiesta dei figli di Berta Cáceres: Bertha e Laura in conferenza stampa hanno spiegato la posizione della famiglia.

«Lo Stato non ha saputo garantire le condizioni per un processo equo. Il tribunale chiamato a emettere la sentenza non ha riconosciuto i nostri diritti di vittime, in particolare “coprendo” il pubblico ministero che non ci ha mai consegnato tutta la documentazione raccolta. Per questo chiediamo che siano sostituiti da un tribunale imparziale».

Tra le accuse rivolte dalla famiglia al tribunale c’è anche l’aver rifiutato una perizia sul contesto sociale e politico in cui maturò l’omicidio, che risulta legato all’opposizione del Copinh alla costruzione di una centrale idroelettrica lungo il río Gualquarque, fiume che scorre in territorio indigeno, sacro per i lenca (il gruppo di cui anche Berta faceva parte): lo documenta, con tanto di sms, il rapporto di un gruppo di consulenti internazionali esperti in diritti umani, pubblicato a novembre del 2017.

Ecco perché sui cartelli sollevati dai rappresentanti del Copinh e altre organizzazioni indigene e afrodiscendenti hondureñe, che lunedì hanno manifestato davanti al tribunale, c’era scritto «#DESACulpable». Desa è l’impresa che sta realizzando il progetto Agua Zarca. Al 2 marzo 2016 erano o erano stati dipendenti dell’impresa alcuni degli otto sicari sottoposti a giudizio per l’omicidio di Berta.

Per questo famiglia e Copinh avevano chiesto al tribunale di far testimoniare nel processo i membri della famiglia Atala Zablah, che controlla l’azionariato di Desa. Il tribunale ha detto no. È un paradosso, come quello che vede il Copinh – fondata da Berta Cáceres e di cui era direttrice al momento dell’omicidio – fuori dal processo, perché non riconosciuto come «vittima».

Mosse che fanno parte di una strategia in essere fin dai primi giorni dopo l’assassinio, quando si volle far credere che Berta Cáceres fosse stata uccisa per cause «passionali».

Per cercare di «smontare» la ricostruzione indipendente, Desa ha mosso il proprio studio legale, Amsterdam&Partners, con sedi a Londra e Washington. In particolare,Robert Amsterdam ha indirizzato una lettera ai 50 parlamentari europei che avevano chiesto l’annullamento della concessione idroelettrica a favore di Desa.

«Il Copinh – scrive – non rappresenta gli indigeni hondureñi. Rappresentanti del nostro studio cercheranno di essere a breve a Bruxelles per un briefing sui risultati della nostra inchiesta sull’organizzazione». Il giudizio era atteso entro il 19 ottobre, ma la data sarà posticipata.

Tutto il materiale sul processo e sull’omicidio di Berta si trova qui: berta.copinh.org