Essendo «autoindotte», le cattive condizioni di salute di Alfredo Cospito non sono un valido motivo per concedere i domiciliari al detenuto in sciopero della fame dal 20 ottobre 2022. Dunque, l’anarchico resta in carcere al 41bis – anche se attualmente è ricoverato nel reparto penitenziario dell’ospedale milanese San Paolo. Lo hanno stabilito i tribunali di Sorveglianza di Milano e di Sassari che hanno respinto la richiesta di differimento della pena e gli arresti domiciliari avanzata dall’avvocato Flavio Rossi Albertini che è a capo del pool difensivo di Cospito. Per il 55enne pescarese la notizia era attesa e, agli avvocati che lo hanno visitato ieri, Cospito avrebbe detto di voler andare avanti con la protesta.

«La cosa che lo fa più arrabbiare è relativa alla consegna dei libri – riferisce Rossi Albertini – sono tre settimane che ha chiesto un libro di Borges e ancora non glielo hanno dato. Al 41 bis la cosa che è meno salvaguardata è il diritto allo studio, alla lettura, alla crescita morale e culturale del detenuto». Dopo l’«esito scontato» di quello che, secondo il legale, era «un passaggio obbligato», ora la linea difensiva punta a coinvolgere la Corte europea dei diritti umani.

Nel provvedimento del tribunale di Milano i giudici hanno respinto anche la richiesta avanzata dal Procuratore generale di collocazione permanente in ospedale. Per i magistrati è «certa la strumentalità della condotta» del detenuto che ha causato le «patologie oggi presenti», e il fatto di rifiutare ogni protocollo di rialimentazione, pur essendo «continuamente informato dai sanitari» fa sì che la sua condizione carceraria «non si palesa neppure astrattamente confliggente con il senso di umanità della pena».

Stesso parere dalla Sorveglianza di Sassari secondo la quale «pur essendo accertato che le attuali condizioni di salute di Cospito sono oggettivamente incompatibili con la carcerazione», «nessun differimento, sotto alcuna forma, può essere disposto, fermo restando il suo diritto a ricevere le cure di cui necessita». Per il sottosegretario alla Giustizia, Andrea Delmastro, «la partita è chiusa».