Oggi nelle edicole egiziane spiccherà il colore nero: con un comunicato pubblicato ieri il sindacato della stampa ha fatto appello ai giornali perché escano con la prima pagina in nero e chiedano nei titoli le dimissioni del ministro degli Interni Ghaffar.

La forma di protesta segue ai banner su siti e quotidiani («No alla censura») e alle foto del ministro con i colori in negativo.

Intanto, però, una prima crepa si forma nel movimento a difesa della stampa: il vice segretario del sindacato, Karim Mahmoud, ha aspramente criticato il quotidiano governativo al-Ahram per la copertura data alla storica assemblea di mercoledì. La versione online del giornale porta da giorni la striscia nera «Il giornalismo non è un crimine», mentre un editoriale seguito al raid di domenica aveva attaccato con durezza il governo.

Nonostante prese di posizioni senza precedenti, però, l’edizione di giovedì ha sminuito la portata di quell’assemblea, un fallimento secondo al-Ahram perché ha visto la partecipazione di un minimo numero di iscritti. «La notizia riportata giovedì è un insulto alla sua prestigiosa storia e al sindacato», il commento del vice segretario Mahmoud.

Diversa la posizione assunta da altri due quotidiani di proprietà dello Stato: la prima pagina di al-Gomhurriya incivatava alla lotta («Sollevate le vostre teste, siete giornalisti»), mentre al-Akhbar definitiva il sit-in «una rivolta di giornalisti contro i raid». Resta ancora in silenzio l’agenzia di Stato Mena che non dà notizia delle proteste.

Un silenzio condiviso dai vertici del Cairo. Reazioni, seppur indirette, però ne arrivano: pochi giorni fa, dicono fonti della sicurezza all’organizzazione independente Intelligence Online, il presidente al-Sisi avrebbe confermato piena fiducia a Ghaffar. Gli sarebbero stati concessi ulteriori poteri nella campagna anti-terrorismo in Sinai, a scapito dei servizi segreti esterni e militari.

Ma reazioni arrivano anche sotto forma di arresti. A finire in manette giovedì notte è stato un altro simbolo di piazza Tahrir, l’avvocato Malek Adly. Direttore della Rete degli Avvocati del Centro Egiziano per i diritti economici e sociali, Adly è stato portato alla stazione di polizia di Giza, ma non sarebbe stato ancora interrogato. Di certo si sa che è stata ordinata una detenzione di 15 giorni con la solita accusa: aver incitato le proteste del 25 aprile con l’obiettivo di rovesciare il governo. Già il 23 aprile era stato spiccato un mandato d’arresto contro Adly, poi convocato il 29 per un interrogatorio insieme a 5 avvocati: nel mirino della magistratura c’è la manifestazione del primo marzo organizzata per denunciare la morte per tortura dell’avvocato Karim Hamdy.

All’interrogatorio Adly non è si è presentato e giovedì notte è stato arrestato. Nelle stesse ore 144 sostenitori dei Fratelli Musulmani sono stati condannati a pene che vanno dai 15 ai 25 anni di prigione con l’accusa di aver assaltato nel 2013 la stazione di polizia di Abu Qrsas dopo i massacri compiuti dal governo al Cairo il 14 agosto.

Regeni, domani inquirenti italiani al Cairo

Il team della Procura di Roma partità per il Cairo oggi e farà rientro lunedì. Domani sarà il giorno dell’incontro sollecitato dal procuratore generale egiziano Sadeq. In mano il pm Pignatone ha i tabulati telefonici di 13 cittadini egiziani, consegnati dall’Egitto pochi giorni fa. In tutte le trascrizioni (per lo più relative al quartiere Dokki, dove Giulio viveva), dicono fonti egiziane, si farebbe il nome di Regeni. Quindi, sottintendono i vertici carioti, sono di interesse probatorio.

La realtà è un’altra: i tabulati sono stati scelti dal Cairo, che li ha selezionati prima di inviarli a Roma. Non è dato dunque sapere se siano completi o siano solo il risultato di un filtraggio che serve gli interessi egiziani.

Dopotutto Roma era stata chiara quando aveva chiesto la consegna di tutti i tabulati, migliaia, delle telefonate (comprese quelle senza risposta) intercorse le sere del 25 gennaio e del 3 febbraio nella zona di scomparsa del giovane e di ritrovamento del suo corpo: l’obiettivo della Procura di Roma è individuare tutti coloro che si trovavano in quei momenti nelle aree in questione.