All’aeroporto Ben Gurion, ieri mattina, Benyamin Netanyahu ha accolto con entusiasmo il cargo da Bruxelles della Dhl con a bordo la prima spedizione del vaccino Pfizer/BioNTech per Israele. «È uno dei momenti più emozionanti della mia vita da premier. Credo in questo vaccino. Voglio che la popolazione sia vaccinata» ha detto, candidandosi per essere «il primo a essere vaccinato in Israele». Non è chiaro quante dosi siano arrivate ieri: 3-4.000 secondo alcune fonti, 100mila per il Jerusalem Post. In ogni caso presto ne arriveranno milioni. A novembre Netanyahu aveva annunciato l’acquisto dalla Pfizer di otto milioni di dosi del vaccino, sufficienti per inoculare quattro milioni di abitanti. Entro la fine del mese dovrebbero essere già quattro milioni le dosi disponibili. Israele ha anche acquistato sei milioni di dosi dalla Moderna e ha avviato colloqui con la Russia per lo Sputnik V. Ed è in fase di sperimentazione il vaccino israeliano, il Brilife.

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Il governo israeliano prevede di cominciare a vaccinare la popolazione dal 27 dicembre, con 60 mila dosi al giorno, ed il personale medico prima di questa data. Lo ha annunciato il premier Benyamin Netanyahu ieri sera aggiungendo che sarà «il primo a vaccinarsi». Il ministro della sanità Yuli Edelstein ha aggiunto che per i vaccinati sarà istituita «una carta verde» che consentirà loro di «muoversi liberamente». Lo ha annunciato il premier aggiungendo che sarà «il primo a vaccinarsi».  Netanyahu vuole tempi rapidi, intende partire con la campagna di immunizzazione dimassa non appena arriverà l’approvazione al vaccino Pfizer/BioNTech da parte della FDA statunitense, alla qual seguirà subito quella delle autorità sanitarie locali. Il Covid-19 ha fatto sino ad oggi in Israele 2.932 morti, un numero relativamente basso se paragonato a quelli, ad esempio, dell’Italia. Il virus però ha contagiato 349mila persone (i casi attivi sono 15mila), messo in grande difficoltà il sistema ospedaliero e ha causato danni enormi all’economia. Un rapporto della ong Latet appena pubblicato rivela che a causa della pandemia un altro quarto di milione di famiglie israeliane sono scese sotto la soglia di povertà, con un aumento in meno di anno dal 20,1% al 29,3%.

Per Netanyahu è anche, se non soprattutto, una questione politica. Il suo governo, giunto agli ultimi giorni di vita, è accusato di non aver saputo gestire la crisi e di aver avuto continue incertezze sotto la pressione di vari settori dell’economia e di interessi di parte. Ne è una dimostrazione il lockdown notturno che sarebbe dovuto scattare ieri sera fino al 2 gennaio e che invece è stato annullato 24 ore dopo la sua approvazione per «difficoltà legali». Con le elezioni anticipate che si annunciano per la prossima primavera, tra marzo e maggio, Netanyahu spera che l’inizio a dicembre delle vaccinazioni produca in tre-quattro mesi una riduzione significativa della mortalità e dei casi gravi. Ciò gli permetterebbe di presentarsi al voto come padre della patria e protettore della salute pubblica.

Una scommessa che rischia di perdere. Secondo la tv Canale 12, la prima spedizione del vaccino è solo una sorta di programma pilota per praticare il transito e lo stoccaggio dei vaccini, che devono essere conservati a -70 gradi e utilizzati subito dalla loro rimozione dal freddo. Non è chiaro se la macchina organizzativa sia effettivamente già pronta per un programma di immunizzazioe così ampio. Al momento si sa che un centro nazionale di stoccaggio e distribuzione di vaccini è stato istituito nella regione meridionale del deserto del Negev e che servirà tutto il paese. Ciò mentre il contagio risale e si levano voci che chiedono di inasprire di nuovo le misure di contenimento dell’epidemia.