Le parole sono importanti. Lo sono perché, come teorizzava più di un filosofo del ‘900, descrivono la realtà in modo da indurre determinate azioni. Ma se a mancare è la volontà di agire, perfino le parole giuste rischiano di rivelarsi vuote.

È quanto denunciato durante la conferenza stampa al Parlamento europeo dal presidente della delegazione Palestina della stessa Eurocamera, l’eurodeputato spagnolo del gruppo Left Manu Pineda, insieme alla Relatrice speciale sulla situazione dei diritti umani nei Territori Francesca Albanese.

LO SCORSO 25 marzo, Albanese aveva presentato di fronte al Consiglio Onu di Ginevra la sua relazione dal titolo Anatomia di un genocidio, in cui dopo cinque mesi di analisi e monitoraggio della situazione a Gaza sono state riscontrate fondate ragioni «per considerare che la soglia dei crimini di genocidio sia stata raggiunta0». Israele ha infatti violato tre delle cinque condizioni elencate nella Convenzione sul Genocidio: quella di tentare intenzionalmente di uccidere tutti membri della popolazione palestinese di Gaza, quella di causare danni gravi agli appartenenti a questo gruppo e infine di mettere in pericolo il loro modo di vita.

«Ecco cosa distingue il genocidio da altri crimini: c’è la chiarissima volontà di eradicazione sistematica di un popolo intero, che viene additato complessivamente come responsabile dell’atto terroristico compiuto da Hamas il 7 ottobre», ha spiegato la relatrice Onu.

Accuse di genocidio respinte subito da Israele come «oltraggiose» e «fuori dalla realtà». Secondo Pineda, invece, il pregio è quello di «esprimersi nel linguaggio della chiarezza». Critico verso l’Ue, che evita di definire quello che accade a Gaza come genocidio, l’eurodeputato spagnolo ha denunciato il legami di affari e di armi che lega le mani a chi dovrebbe chiedere la fine del massacro. È ancora in vigore l’accordo di associazione Ue-Israele, che prevede all’articolo 2 il rispetto dei diritti umani e di cui alcuni paesi europei hanno chiesto la revoca.

Quanto al commercio di armi, Pineda ha sottolineato come attraverso il programma Horizon Europe «si continuano a finanziare almeno due imprese che fabbricano droni» usati contro i civili palestinesi, come ha documentato un recente studio di un centro di ricerche tedesco specializzato in tema armamenti. E poi attraverso il Fondo di difesa europeo, Bruxelles spende 8,5 miliardi di euro in investimenti militari con Tel Aviv. «Noi ci riempiamo la bocca con parole come democrazia e diritti umani, ma poi continuiamo anche a comprare da Israele le armi con la scritta ‘tested in combat’, ovvero testate sui bambini e i civili nella Striscia».

OLTRE all’ipocrisia degli aiuti militari che continua a fornire a Israele, l’Europa rimane a dir poco timida nella richiesta di cessate il fuoco permanente. Francesca Albanese elenca gli elementi di diritto internazionale, vincolanti ma non applicati, per fermare i crimini di Israele come le risoluzioni del Consiglio di sicurezza Onu. Ricorda poi come rispetto agli evidenti crimini di guerra c’è sempre la possibilità di revoca del riconoscimento diplomatico, oltre alle sanzioni contro i funzionari governativi di Israele.

Senza dimenticare che il 26 gennaio scorso la Corte internazionale di Giustizia dell’Aja ha riconosciuto la plausibilità del genocidio israeliano nella Striscia, imponendo di prevenirlo come la Convenzione sul genocidio prevede. Ma anche al di là delle soluzioni possibili, quello che manca davvero è la volontà politica. Per questo la relatrice Onu chiude il suo intervento a Bruxelles con un appello: «Sono state uccise più di 30mila persone, oltre il 70% sono donne e bambini. Cos’altro serve per agire? Cosa è rimasto della nostra umanità?».