Annullate le elezioni nella regione di Vladivostok. La clamorosa decisione, senza precedenti nella storia della Federazione Russa, è stata presa dopo che il presidente della Commissione elettorale centrale Ella Pamfilova ha verificato falsificazioni generalizzate del voto.

Domenica scorsa Andrey Tarasenko il candidato di Russia Unita e governatore in carica aveva superato il candidato comunista Andrey Ishenko al fotofinish dopo che con il 96% delle schede scrutinate risultava ancora staccato del 5%.

Contro i brogli si è mobilitata l’intera città che ha presidiato notte e giorno la sede del governatorato mentre un moto d’indignazione percorreva l’opinione pubblica del paese. Alla fine il Cremlino ha deciso di correre ai ripari e ha spedito a Vladivostok su un jet di Stato Pamfilova a controllare le schede. Esultano ora i comunisti che non vogliono la ripetizione del voto ma solo il ricontrollo delle ultime schede.

Anche Russia Unita, dopo che Tarasenko aveva accusato i comunisti «di voler mettere in piedi una rivoluzione arancione», cerca di salire sul carro dei vincitori. «Con questa scelta Putin dimostra di voler garantire elezioni pulite», dice Anna Fedorova dello staff presidenziale.

Ma la «scelta coraggiosa» è il prodotto di una più vasta riflessione dell’entourage putiniano. In un articolo Alexey Chadaev, una delle eminenze grigie del Cremlino, aveva definito lunedì il voto di Vladivostok «una catastrofe politica».

Per Chadaev al netto dei brogli e del risultato finale, è l’idea di amministrazione della cosa pubblica in un’area chiave del mondo a essere stata messa in questione: «Le coste dei mari giapponese e orientali della Cina, che ospitano oltre un miliardo di persone, hanno un enorme potenziale industriale, tecnologico e scientifico e sono i principali centri della crescita dell’economia mondiale e sempre più centri decisionali. Questo è il nuovo cuore della civiltà del mondo intero. Il nostro paese è l’unico di tutto il “mondo bianco”, che ha il suo “punto di ingresso” in questo spazio: il governatorato di Vladivostok. Ma per esserlo “su un piano di parità” abbiamo bisogno di una metropoli che possa non sfigurare rispetto quelle vicine: Tokyo, Seul, Shanghai, Harbin, Pyongyang. E non si tratta tanto del numero di abitanti quanto di macrofunzione: produzione, commercio, logistica, difesa, scienza, istruzione, cultura, infrastrutture».

In mancanza di ciò quel “punto d’ingresso” diverrebbe solo uno strumento per la Cina per penetrare il mercato russo. Negli ultimi anni su Vladivostok sono piovuti 4mila miliardi di investimenti governativi, spesso finiti nel buco nero dell’inefficienza e della corruzione. E il piccolo e medio business non avendone tratto alcun vantaggio né come indotto né come ricaduta commerciale «ha votato comunista come negli Usa ha votato Trump», sostiene Chadaev.

Più che la riforma delle pensioni, sarebbe stato questo il punto debole di Russia Unita. Putin, dopo aver sostenuto a spada tratta Tarasenko, ora sotto la pressione dell’opinione pubblica lo abbandona al suo destino, cercando di portare a casa con la «svolta» almeno più onestà ed efficienza. Fosse anche facendo sedere sulla poltrona più alta del governatorato il comunista Ishenko.