Alle 9 del mattino di martedì 9 luglio la fermata del tram di piazzale Prenestino è stracolma di gente. Martina, che lavora in una agenzia di comunicazione nel centro di Roma è fra queste, come ogni giorno. Come tutti gli altri lavoratori intorno a lei riuscirà a salire solo tre corse dopo: i convogli si sono riempiti già a metà tragitto e sono costretti ad andare dritti. Alla fine arriverà a piazza Montecitorio con un’ora di ritardo. «E mi è andata anche bene, perché io per fortuna non timbro», dice Martina che ritiene ormai di essere una campionessa di resistenza sui mezzi pubblici di Roma. La resistenza che forse non ha un’altra giovane passeggera. Urla sul mezzo che le manca l’aria, ed è comprensibile dato che gli utenti sono pigiati uno sopra l’altro, che il tram d’estate è una serra, ed è vero, ma poi se la prende con il lavoratore bengalese accanto a lei, accusandolo di alitarle in faccia.

I LAVORI PER IL GIUBILEO 2025 hanno esasperato la guerra tra poveri per prendere i mezzi (come li chiamano nella Capitale) e dentro ai mezzi. Non si tratta più di una banale questione di ore di punta ma di una trasformazione in atto nella città a beneficio dei pellegrini e dei turisti che «tiene in ostaggio chi in città vive e lavora», come sintetizza Daniele Leppe, avvocato che si occupa di sfratti e attivista.

Come molti legali ha lo studio a Piazza Mazzini, vicino al Palazzaccio, ma vive nel quadrante est della Capitale, a Villa Gordiani: «Prima andavo a lavoro cambiando due metro e uscivo di casa alle 8.30, ora, a causa delle corse saltate che non mi permettono di arrivare in tempo alle udienze, sono costretto a prendere la macchina e ad uscire di casa alle 7.15». I ritardi nel crono programma hanno causato un imbuto di cantieri. Al momento non c’è quartiere nella Capitale che non abbia strade bloccate per lavori e di conseguenza tragitti dei bus modificati. La rete tranviaria intanto è diventata un miraggio, tra ammodernamenti dei binari e del deposito di Porta Maggiore che non era adeguato a ospitare i nuovi tram di 33 metri che l’amministrazione ha comprato per l’Anno santo.

Da luglio la linea 2 è sospesa e sostituita da bus (che non hanno la stessa capienza e rimangono imbottigliati nel traffico); la storica linea 3 che attraversa mezza città è parzialmente sospesa e sostituita da bus nel tratto da Porta Maggiore e Valle Giulia così come la 19 che ha un percorso altrettanto lungo. Anche il tram 8 è sospeso e sostituito da bus ma quello è un caso che i romani considerano emblematico dato che da quando è stata inaugurata, nel 1998 in vista del Giubileo del 2000, ha sempre funzionato a singhiozzo. Ad agosto si aggiungeranno allo stop anche le linee 5 e 14 che collegano la periferia Est alla stazione e alla metro.

Da settembre e novembre l’Atac comunica che l’intera rete tram sarà sospesa con l’ottimistica promessa che tornerà operativa a dicembre. Anche il piazzale antistante la stazione Termini è un grande cantiere e i capolinea degli autobus Atac sono stati spostati. Non è solo un disorientamento per i turisti ma un disagio per i cittadini. Ed è questo paradigma che i comitati di quartiere e di utenti dei mezzi pubblici vogliono invertire: «Non siamo contrari ai lavori che migliorano la viabilità ma contestiamo che siano stati avviati tutti assieme e senza pianificazione perché l’unico interesse è facilitare l’ingresso al centro storico dei turisti e non dei lavoratori che subiranno l’effetto dell’ulteriore turistificazione della città, a partire da quelli che lavorano nella ristorazione o nell’accoglienza che hanno impieghi precari e retribuzioni basse – dice l’avvocato Leppe – Per costoro oltre al danno c’è la beffa perché gli affitti stanno aumentando a causa delle locazioni brevi per vacanze e saranno espulsi ancora più in periferia».

Una situazione che tocca ora anche il ceto medio. Viola è una photoeditor, abita a Torpignattara e il suo contratto in affitto è in scadenza. Ha davanti due opzioni: rimanere in zona e cercare un appartamento come il suo ma con un costo maggiorato del 30% (dati Soloaffitti) o spostarsi ancora più fuori le mura, rimettendoci con i trasporti.

PER PIETRO, del comitato di quartiere del Quarticciolo (edilizia pubblica a ridosso del parco Archeologico di Centocelle, uno dei cinque luoghi della capitale dove sono previsti gli eventi per il venticinquennale), una delle prime conseguenze dell’overtourism accelerato del Giubileo sarà «che ogni scantinato, ex locale commerciale o sottotetto diventerà abitazione, per bisogno o per speculazione». «È auspicabile il potenziamento della rete dei mezzi pubblici se allarga la possibilità di fruirne – ragiona Pietro – ma per adesso si tratta di collegare punti turistici tra loro, sono scelte politiche che atterrano su un territorio senza che venga prima valutato il contesto. Nelle periferie abitano centinaia di migliaia di persone e il tema è la segregazione residenziale che ora, con i mezzi a singhiozzo, è molto più forte: tra tre anni avremo forse i trasporti potenziati ma nel frattempo avremmo perso la socialità di quasi una generazione».

MA SE I QUARTIERI fuori le mura Aureliane soffrono, non se la passano bene neanche quelli centrali. A Prati, nel cui territorio c’è San Pietro, i cittadini sono rimasti incastrati tra i lavori a piazza Pia e quelli in piazza Risorgimento. Letteralmente, nel senso che, avendo dimenticato di fare anche i passaggi pedonali accanto ai cantieri, anche chi è a piedi è in difficoltà, sommerso peraltro dai gruppi dei turisti che vogliono andare ai Musei vaticani.

CityRailways, portale che si occupa di trasporto rapido di massa, qualche giorno fa sui social ha accusato l’amministrazione capitolina di «doppiopesismo tra le opere per la mobilità pubblica e quelle stradali». Questo perché il ritrovamento nel cantiere del sottopassino di Castel Sant’Angelo, che riguarda anche la costruzione di un parcheggio privato, di una casa della prima età imperiale è stato quasi “ignorato” (mentre in situazioni analoghe si sono bloccati i cantieri delle metro per anni) di modo da poter chiudere i lavori per l’apertura della Porta Santa.

«Se per metropolitane, tram e ferrovie i progetti devono adattarsi al contesto che è considerato a ragione intoccabile, per nuove strade e parcheggi ci si accorda in fretta e furia per far sì che le opere possono rapidamente essere realizzate – ha scritto Cityrailwails – Stante l’abnorme aumento post-pandemico degli spostamenti in auto e il crollo di quelli con il mezzo pubblico, se la capitale italiana non vuole restare incatenata agli anni 80, con buona pace delle classifiche sulla qualità della vita e con la realtà quotidiana che i suoi cittadini si trovano ad affrontare, bisognerà che anche per le infrastrutture di mobilità si faccia lo stesso».

«SIAMO PRIGIONIERI nella nostra città – chiosa l’avvocato Daniele Leppe – una presenza accidentale nella disneyzzazione di Roma: alla giunta non interessa quello che accade nei nostri quartieri, lo sviluppo della Capitale a cui pensano è affidato solo al turismo secondo un modello che non tiene conto dell’evoluzione sociale della città ma è pensato per le esigenze dei visitatori».

«Era scontato che si dimenticassero delle periferie – ammette Tiziana Ronzio, dell’associazione Torpiùbella – Mi posso solo augurare che qualcuno di qui trovi lavoro poi, anche dall’altra parte della città». Tra i vari murales del Pigneto, quartiere operaio e popolare ora sventrato dalla gentrificazione, ce n’era uno che diceva: “Gli unici stranieri sono i turisti nei nostri quartieri”. Un editoriale, in pratica. Ma la furia pro decoro dei Retake lo ha cancellato.