Alle legislative francesi del 30 giugno, si affronteranno la coalizione delle sinistre del Nuovo Fronte Popolare e l’estrema destra di Marine Le Pen, con il blocco macronista a inseguire nei sondaggi. Forze politiche caratterizzate da programmi che esprimono dei progetti di società profondamente differenti, secondo Frédéric Sawicki, professore di scienze politiche alla Sorbona e membro del Cnrs, per il quale al programma progressista portato dall’Nfp, si oppone il progetto di società dell’estrema destra, fondato sulla disuguaglianza.

Che opinione si è fatto del programma del Nuovo Fronte Popolare? Ci sono delle misure particolari che hanno attirato la sua attenzione?
L’Nfp propone una politica di chiara ispirazione keynesiana. Tra le misure più importanti ci sono l’adeguamento dei salari dei funzionari pubblici per recuperare ciò che è stato perso dall’inflazione, l’aumento del salario minimo a 1600 euro, l’abolizione della contestatissima riforma delle pensioni decretata da Macron, con l’idea di ritornare, sul medio termine, alla pensione a 60 anni. Tutte queste misure avranno un impatto molto importante sulla spesa pubblica, ma la particolarità del programma avanzato dall’Nfp, rispetto a quello del Rassemblement National (Rn), è di prevedere un gran numero di nuove entrate per le casse pubbliche: ristabilire la patrimoniale abolita da Macron; rendere progressiva la tassa sui redditi del capitale; riesaminare una serie di deduzioni fiscali per le aziende… Politiche che potrebbero portare decine di miliardi nelle casse dello Stato.

Come è stato accolto il programma del Nfp nella politica e nei media francesi?
Il discorso di Macron, è ‘questi rovineranno il paese’ aggravando la situazione del debito pubblico, una retorica sposata dal padronato e dal Medef (la Confindustria francese, ndr). Questi discorsi tendono a presentare due estremi opposti: da un lato l’estrema destra economicamente e politicamente irresponsabile, dall’altro l’estrema sinistra radicale con un programma irrealizzabile. In questo quadro, concentrarsi troppo sull’aspetto della «serietà» occulta una serie di fattori. Il primo è che, ora come ora, è molto difficile che la sinistra ottenga una maggioranza assoluta alle legislative. Inoltre, è una coalizione divisa al suo interno, con una sinistra più radicale guidata da Jean-Luc Mélenchon che è maggioritaria ma che ha dovuto cedere terreno alle altre componenti più moderate della coalizione, dopo il successo elettorale di Raphaël Glucksmann alle europee. Quindi il programma del Nfp, qualora la sinistra andasse al potere, sarà oggetto di nuovi negoziati e compromessi – e qualora la sinistra non avesse la maggioranza assoluta, com’è molto probabile, sarà molto difficile metterlo in pratica. In secondo luogo, la posta in palio è soprattutto d’impedire all’estrema destra di accedere al potere. Perché in quel caso, sul piano economico come su quello sociale, le misure previste dall’Rn aggraveranno le diseguaglianze, non soltanto tra francesi e stranieri, ma anche tra gli stessi francesi. Da un lato vi è un programma politico progressista, certo di «rottura» ma del quale l’implementazione non potrà ch’essere graduale; e dall’altro, un programma brutale, imperniato su misure che rischiano di essere irreversibili e delle quali non si misurano a sufficienza le conseguenze.

Uno dei punti cardine del programma lepenista è l’instaurazione della «preferenza nazionale». Di cosa si tratta? Più in generale, quale progetto di società emerge dal programma dell’estrema destra?
La «preferenza nazionale» è il cuore del progetto di società portato avanti dall’Rn, che intende introdurne il principio nella Costituzione, malgrado le recenti smentite di Jordan Bardella. L’idea è di condizionare l’accesso ai servizi e all’impiego nel pubblico al possesso della nazionalità francese, instaurando una selezione prioritaria per i «francesi» a scapito degli «stranieri». È una cosa gravissima, che introdurrebbe per la prima volta in Francia due categorie di abitanti con diritti diversi. Un altro punto programmatico è l’abolizione dello ius soli, che l’Rn promette di sancire non appena sarà al governo. È un programma che è contrario alle basi filosofiche e morali del nostro regime repubblicano, fondato sul principio dell’uguaglianza, nel quale lo ius soli esiste da cinque secoli. A questo si aggiungono tutta una serie misure liberticide, come il divieto di portare il velo in luoghi pubblici. L’Rn intende istituzionalizzare la disuguaglianza degli statuti giuridici, tanto nell’accesso alle libertà pubbliche quanto nell’accesso al diritto, differenziando tra «francesi» e «stranieri». È una rottura politica inedita: non vi è alcun regime politico in Francia dalla Rivoluzione in poi che abbia operato una cesura simile, a parte forse quello di Vichy, che tuttavia non era giunto al potere tramite il voto, ma nel contesto dell’occupazione nazista.