«A 26 anni non voglio tornare a casa chiuso in una bara di zinco». Stremato al termine di un viaggio di quasi duemila chilometri che da Mosca l’ha portato fino al confine con la Georgia, Vsevolod sfoga con l’agenzia Ap tutta la rabbia e la frustrazione che si porta addosso. Costretto a fuggire per non essere coinvolto in una guerra che lui, come molti russi, non riconosce come sua. La guerra di Putin all’Ucraina, la guerra, spiega chiedendo l’anonimato, «di una persona che vuole costruire un impero».

Per quanto possa apparire strano, Vsevolod a suo modo è fortunato. Lui ce l’ha fatta a lasciare la Russia proprio nel momento in cui Mosca, che ha inasprito ancora di più i toni contro chi non vuole aderire alla mobilitazione parziale proclamata da Putin lo scorso 21 settembre, ha deciso di stringere ulteriormente le maglie blindando i suoi confini. In Ossezia del Nord, la regione confinante con la Georgia, è stato proclamato lo stato d’allerta impedendo il passaggio dei veicoli civili. «Agli ingressi della Repubblica e ai check point sono state sono state organizzate delle task force mobili che controlleranno chi entra», ha spiegato il presidente Sergey Menyaylo. «Se un cittadino è soggetto al servizio di leva, secondo la lista federale, gli verrà consegnata una convocazione sul posto». Chi non si piegherà andrà incontro a seri provvedimenti. «Alle persone soggette alla mobilitazione verranno spiegate le conseguenze che, secondo la legge della Federazione russa, lo attendono in caso di evasione dal servizio militare».

Per rendere ancora più chiaro l’avvertimento verrà aperto un centro di reclutamento nei pressi del confine per intercettare uomini abili tra le migliaia di persone in coda per uscire dal Paese. Prevista infine la creazione di posti di blocco lungo tutti i confini russi. «Chi fugge in Georgia è un traditore, e se tornerà sarà punito dalle legge», ha tuonato il presidente della Duma, Vyacheslav Volodin. Mosca ha inoltre annunciato che non rilascerà più passaporti a quanti vengono richiamati per la leva.

A dispetto di tutto, chi può cerca comunque di fuggire. La Bbc ha parlato di immagini satellitari che mostrano code lunghe chilometri di auto alla frontiera caucasica. Si scappa con qualsiasi mezzo: chi può in macchina, ma anche in bicicletta o accalcati all’interno di un pullman verso qualsiasi frontiera sia possibile ancora attraversare. Ad Ata-Meken città del Kazakistan a circa 1.400 chilometri dalla capitale Astata, le autorità hanno allestito un centro dove accogliere i russi in fuga: coperte e cibo per riposare prima di riprendere il viaggio. In una settimana sono entrate in Kazakistan più di centomila persone, ma di queste 64 mila hanno già lasciato il Paese asiatico. Poco più di settemila sono arrivati solo ieri in Finlandia mentre complessivamente nell’Unione europea, secondo i dati forniti dall’Agenzia Frontex, negli ultimi sette giorni sono entrati 66 mila russi, il 30% in più rispetto alla settimana precedente.

La questione se accogliere o meno nell’Unione quanti fuggono sarà sul tavolo di una delle prossime sedute del Consiglio europeo. Al contrario di quanto accadde con gli ucraini dopo il 24 febbraio, giorno dell’invasione russa, quando la risposta almeno inizialmente fu di aprire le porte ai profughi, oggi i 27 sono divisi. Dal 19 settembre Lettonia, Estonia. Lituania e Polonia hanno iniziato ad applicare le prime restrizioni che per ora valgono ufficialmente solo per i russi che viaggiano per turismo. Ieri il cancelliere tedesco Olaf Scholz si è detto disponibile ad accogliere quanti non vogliono andare a combattere in Ucraina. «Sono favorevole ad offrire protezione a queste persone» ha detto, aggiungendo che «certamente devono prima superare un controllo di sicurezza in modo che sappiamo chi stiamo lasciando entrare nel nostra Paese». Più fredda la posizione di Parigi: «La Francia – ha spiegato la ministra degli Esteri Catherine Colonna – applicherà solamente le politiche previste dalle convenzioni internazionali nella gestione dell’accoglienza dei disertori russi». Per tute le altre questioni, ha aggiunto, «ne parleremo tra europei»