Uno contro tutti e tutti contro uno, così si posizionano gli schieramenti in campo in Polonia. Da un lato Prawo i sprawiedliwosc (Pis), il partito ultraconservatore di lotta e di governo guidato da Jaroslaw Kaczynski, al cui interno, di recente, hanno trovato ospitalità alcuni esponenti della galassia dell’estrema destra polacca. E poi c’è Koalicja europejska, dalla parte opposta, una sorta di «Giano multifronte» che annovera tra le proprie fila i conservatori business friendly di Platforma obywatelska (Po) per arrivare fino agli ex comunisti di Sojusz lewicy demokratycznej (Sld). Dentro ci sono anche i Verdi, il Partito dei contadini, i centristi liberali di Nowoczesna (Moderni), i socialdemocratici, la Lega delle famiglie polacche e Iniziativa femminista.

Obiettivo della coalizione? Quello di porre un freno allo strapotere di Pis che da 4 anni controlla il parlamento, e non ha esitato a forzare la mano per il controllo della Corte costituzionale. Non è un mistero, infatti, la sintonia politica tra Kaczynski e il premier ungherese Orbán. Restano memorabili, a proposito, le parole del capo politico di Pis nel 2011 quando disse: «Viktor Orbán ci ha dato un esempio di come vincere – riferendosi alla conquista dei due terzi del parlamento magiaro – e verrà il giorno che trionferemo anche noi, e avremo una Budapest a Varsavia». Profetico. Nel 2015 Pis conquista la maggioranza assoluta al Sejm (il parlamento polacco), colonizza la tv pubblica e comincia a picconare l’assetto costituzionale.

Per completare il panorama politico citiamo anche Wiosna (Primavera) – il movimento progressista e libertario di Robert Biedron, sindaco gay di Slupsk, che cerca di arginare il dilagare delle pulsioni omofobe in Polonia – e Lewica razem, i cugini polacchi di Podemos, che tentano di portare a Bruxelles qualche rappresentante. La Polonia elegge 52 eurodeputati, la soglia di sbarramento è al 5%.

Gli ultimi sondaggi (per quel che valgono) indicano gli ultraconservatori di Pis avanti di 3 punti sulla coalizione di centrosinistra, ma potrebbero esserci anche delle sorprese. Due settimane fa, infatti, è uscito su Youtube un documentario dal titolo Non dirlo a nessuno, dei fratelli Sekielski, che ha scoperchiato il vaso di pandora dei casi di pedofilia all’interno della chiesa polacca. In soli due giorni ha raggiunto 7 milioni di visualizzazioni, suscitando sconcerto e incredulità nell’opinione pubblica e costringendo il primate polacco Wojciech Polak a scusarsi «per ogni ferita inflitta dal popolo della Chiesa». Il documentario mette sotto accusa le gerarchie ecclesiastiche che, in moltissimi casi, hanno coperto gli abusi dei preti ai danni di bambine e bambini. La deflagrazione dello scandalo pedofilia, come prevedibile, ha immediatamente monopolizzato il dibattito politico, cogliendo di sorpresa il partito di governo, il cui zoccolo duro è rappresentato dal bacino elettorale del tradizionalismo cattolico in salsa polacca.

«Chi attacca la Chiesa, attacca la Polonia», ha detto Kaczynski subito dopo la pubblicazione del video su Youtube, facendo storcere il naso a molti dei suoi elettori meno fanatici. Il tentativo del premier Morawiecki di rimediare al danno con la costituzione di una commissione d’inchiesta parlamentare sui casi di pedofilia non ha fermato le polemiche, prestando il fianco al fuoco di polemiche dell’opposizione. Basterà tutto ciò per fermare l’ascesa di Pis al parlamento europeo? Difficile fare previsioni. Molto dipenderà dall’affluenza (appena sopra il 23% nel 2014) e dal numero di indecisi che si recherà alle urne e voterà turandosi il naso pur di non vedere Pis trionfare anche in Europa. Se da un lato, infatti, lo scandalo pedofilia ha messo sotto i riflettori le posizioni retrive degli ultraconservatori, ridando fiato alle trombe europeiste di Coalizione europea, dall’altro lato ha evidenziato tutti i limiti politici e programmatici di quello che a molti elettori sembra solamente un mero cartello elettorale.

Il vero tema, oggi, nella Polonia del boom economico a trazione turbocapitalista, è la redistribuzione della ricchezza. In 20 anni di neoliberalismo sfrenato, salari bassi e politiche di rigore, gli unici ad occuparsi concretamente degli ultimi, gli operai e le famiglie a basso reddito sono stati quelli brutti, sporchi e cattivi di Pis. Ed anche questo influirà nel segreto dell’urna.