Dopo nove giorni di proteste di massa, lo stato d’emergenza e il coprifuoco e i militari per le strade come all’epoca della dittatura, dopo la criminalizzazione dei manifestanti e la repressione selvaggia, dopo i morti – il bilancio ufficiale è salito a 18, ma potrebbero essere molti di più – e gli innumerevoli feriti, dopo gli arresti e le torture, il presidente Sebastián Piñera, alle 21.30 ora locale di martedì, ha chiesto perdono. «Non siamo stati capaci di riconoscere la situazione di ingiustizia», ha detto, accorgendosi solo ora, dopo un anno e mezzo alla guida del paese, di una realtà sotto gli occhi di tutti.

L’IMPROVVISA illuminazione, comunque, non è bastata a convincerlo della necessità di revocare lo stato d’emergenza e il coprifuoco: questo avverrà, ha detto, solo quando «ci saranno le condizioni». Né lo ha indotto a chiedere perdono per la brutale repressione da parte delle forze di sicurezza, di cui ha anzi elegiato l’operato, e neppure a rivolgere un pensiero alle vittime.

Però, assicurando di aver ascoltato il messaggio del popolo, ha promesso di intervenire con un pacchetto di misure sociali, tra cui l’aumento del 20% delle pensioni di base – ma lasciando inalterata la privatizzazione del sistema pensionistico -, la riduzione del costo dei farmaci, un salario minimo garantito di 35mila pesos mensili (482 dollari), la cancellazione dell’aumento delle tariffe elettriche, un’imposta sui redditi superiori agli 8 milioni di pesos al mese (11mila dollari). Misure, tutte queste, che – come sottolinea Andrés Figueroa Cornejo del Movimiento de los Pueblos y los Trabajadores – saranno finanziate attraverso la stessa tassazione regressiva che colpisce la popolazione.

NEANCHE A PARLARNE, poi, di nazionalizzare il rame o il litio o qualunque altra risorsa naturale.

Di certo, il messaggio del popolo il presidente deve averlo ascoltato assai male, per non capire che il superamento dell’attuale crisi non passerà per qualche concessione in materia di salute, di educazione e di previdenza sociale, ma per l’elaborazione di una nuova Costituzione, e, con essa, un nuovo modello di paese.