Ci sono voluti ottanta giorni di decantazione – tanti quanti per la gestazione del governo delle forze che hanno vinto le elezioni del 4 marzo e che ancora non vede la luce – anche perché la lista di Liberi e Uguali tornasse a riprendere la parola collettivamente. L’ha fatto ieri con la prima assemblea nazionale convocata all’hotel Marriott di Fiumicino.

AL LEADER PIETRO GRASSO – il cui nome era anche nel simbolo – è toccato il difficile compito di indicare il sentiero tra i cocci di bottiglia. E l’ha fatto – gli va dato atto – in modo agile, senza cadere in ingessature e reticenze, assumendosi da capo politico «tutte le responsabilità» della sconfitta, chiedendo addirittura «scusa» per le sue inadeguatezze «della comunicazione e non solo». Tanto che nel parterre dei delegati, a lui sostanzialmente ostile, c’era chi commentava: «Magari fosse stato così in campagna elettorale, un altro punto percentuale l’avremmo preso…».

Grasso non ha sorvolato sugli errori, nel tentativo di spiegare perché non si è creata quella «connessione sentimentale» tra i candidati della sinistra e il suo «popolo». Ha ricordato che prima del voto c’era l’impegno a costruire le liste a partire dalle rose dei nomi inviate dai territori ma «le rose sono appassite al tavolo nazionale», seccate dalle tensioni tra i gruppi dirigenti delle tre componenti fondative della lista: Si, Mdp e civatiani. «Non siamo riusciti a superare la logica del manuale Cencelli su ogni decisione» e «io non volevo essere solo il giudice di Cassazione».

SUL SECONDO CORNO dell’analisi di cio che non è andato – «siamo stati vissuti come parte integrante del sistema», ancora lui, Grasso – la scabrosa realtà dell’oggi fa irruzione nel salone del Marriott. LeU rilancia il suo progetto politico come forza di «netta opposizione» al nascente governo «di destra». Ma ci sono sfumature diverse.
Non è un mistero che Stefano Fassina abbia fatto un sostanziale endorsement per Paolo Savona ministro del Tesoro inviso all’establishment europeo, anche se ieri intervenendo si è limitato ad aprire le braccia al sindaco di Napoli Luigi De Magistris nella nuova fase costituente di LeU.

Ieri è arrivato il fuorionda di Massimo D’Alema carpito da Corriere-tv mentre conversava con l’ex presidente del Senato a cogliere il disagio di un’opposizione che rischia di essere schiacciata sulla posizione iper europeistica del Pd renziano. «Se torniamo alle elezioni sul veto a Savona quelli pigliano l’80 per cento», si è lasciato scappare il presidente della Fondazione ItalianiEuropei.

E del resto anche Marco Grimaldi, segretario di Sinistra italiana e portavoce di LeU alla Regione Piemonte, dice «inizia a innervosirmi il livello di ostracismo nei confronti di Savona, per quanto sia su posizioni che non condivido, non è un terrorista, è già stato ministro». Grimaldi ricorda anche che contro la legge Fornero si doveva essere più netti della Lega. Nicola Fratoianni, coordinatore nazionale di Sinistra italiana, pensa proprio alle pensioni quando dice che «sarà un’opposizione di merito».

LEU SI RIMETTE IN CARREGGIATA come soggetto politico. Non si strutturerà subito in partito come sembravano delineare le parole del coordinatore di Mdp Roberto Speranza e non si butterà a capofitto in Europa nella famiglia dei Socialisti dove siede ancora il partito di Renzi, ma si aprirà a una fase costituente aperta con il «cronoprogramma che ci faccia concludere entro l’anno» fissato da Grasso. «Non esiste alternativa per noi, a parte la scissione dell’atomo», chiarisce fin dall’inizio l’ex magistrato antimafia citando il pensatore Corrado Guzzanti.
Anche su questa prospettiva della forma-partito si registrano distanze e abbandoni, anche se si tratta singoli (Claudio Riccio) e gruppi (Possibile di Civati) che si mettono in attesa, più che drammatiche lacerazioni. Per il momento LeU funzionerà come coordinamento parlamentare, così come chiede Beatrice Brignone portavoce di Possibile dopo le dimissioni di Pippo Civati, indisponibile al momento a «cristallizzare gli errori in un partito».

FRATOIANNI INSISTE su un punto: va bene il partito ma «che si aggreghi su un’idea» – la sua è del tipo: a favore le periferie del mondo – «non su un processo burocratico, una conta muscolare tra gruppi dirigenti» nel chiuso delle stanze. La prima è un week end di mobilitazione a metà giugno per rompere il silenzio sulle morti bianche e la sicurezza sul lavoro. marina della croce