27 maggio 2013. I bulldozer arrivano in piazza Taksim a Istanbul per rimuovere Gezi Park, uno dei pochi spazi verdi rimasti in città, e ricostruire la caserma militare di epoca ottomana (demolita nel 1940) per trasformarla in un centro commerciale e appartamenti di lusso. Subito individui e associazioni, già rappresentate dalla coalizione Taksim Solidarity, iniziano a radunarsi a Gezi Park.
28 maggio. Sit-in degli ambientalisti. La polizia tenta di disperdere i manifestanti con gas lacrimogeni.
29-30-31 maggio. Cresce il numero di manifestanti a Gezi Park, oltre 100mila persone. La polizia dà fuoco alle tende del presidio, ma la protesta si allarga agli altri distretti di Istanbul, da Kadikoy a Besiktas, e a più di 65 città del paese, tra cui Ankara e Smirne.
2 giugno. Il 20enne Mehmet Ayvalitas, viene investito da un’auto durante le proteste a Istanbul: è la prima di dodici vittime in tre mesi.
3 giugno. Il 22enne Abdullah Comert, membro dell’associazione giovanile del partito repubblicano Chp, viene ucciso in scontri a Antakya.
5 giugno. L’Associazione dei medici turchi dà il primo bilancio della repressione contro la protesta, allargatasi ad altre città: oltre 4.355 feriti in 12 città.
7 giugno. Erdogan, all’epoca primo ministro, tiene un comizio a Istanbul in cui definisce illegale la protesta.
11 giugno. La polizia attacca con una violenza senza precedenti il presidio di Gezi Park con gas lacrimogeni, proiettili di gomma e cannoni ad acqua. 45 avvocati vengono arrestati. Il governatore di Istanbul minaccia i manifestanti: andate a casa, la vostra sicurezza non è più garantita.
12 giugno. Ultimatum di Erdogan e nuove violenze della polizia che attacca anche le cliniche mobili.
13 giugno. Nuovo avvertimento del governatore che intima alle madri di «portare i figli a casa». Ma le donne formano una catena umana a protezione dei giovani manifestanti.
14 giugno. Il 26enne Ethem Sarisuluk muore in ospedale: era stato colpito alla testa da un proiettile della polizia ad Ankara il primo giugno.
15 giugno. La polizia pone fine all’occupazione di Gezi Park rimuovendo con la forza le tende e distruggendole e cacciando i manifestanti con cannoni ad acqua, lacrimogeni e proiettili di gomma anche all’ingresso del Divan Hotel dove i manifestanti avevano cercato di trovare rifugio. Sale il bilancio dei feriti: almeno 7.478 in 12 città.
23 giugno. Il ministero dell’interno dà i numeri della protesta: 2,5 milioni di persone in 79 delle 81 province turche. Ma i numeri sono più alti: si sfiorano gli 8 milioni di persone. Circa 4.900 gli arrestati dalla fine di maggio.
8 luglio. Il governatore di Istanbul riapre Gezi Park. Subito i manifestanti ne prendono possesso e la polizia interviene, arrestando 50 persone e reprimendo con violenza la protesta.
10 luglio. Il 19enne Ali Ismail Korkmaz muore per il pestaggio subito il 3 giugno da individui in abiti civili. Saranno arrestate cinque persone, tra cui un poliziotto.
26 luglio. La procura incrimina 73 persone per le proteste ad Ankara, con l’accusa di aver partecipato al funerale di Ethem Sarisuluk.
1 agosto. L’Unione dei Giornalisti denuncia il licenziamento di 81 reporter per aver coperto i fatti di Gezi Park.
20 agosto. La polizia aggredisce la «passeggiata per la giustizia», partita da Antalya e diretta verso Istanbul.