Di certo ci sono solo due cose. La prima è che se mai il Piano Mattei vedrà davvero la luce la sua gestione sarà concentrata tutta nelle mani di Giorgia Meloni. La seconda è che non è previsto alcun fondo con cui finanziare i futuri progetti, per cui almeno per il momento siamo ancora agli annunci ai quali chissà se seguiranno mai i fatti. Per il resto il progetto di cui la premier parla fin dal primo giorno del suo governo – e presentato come un’iniziativa per contrastate l’immigrazione irregolare con in più l’ambizione di trasformare l’Italia in un hub europeo per il gas – è più che altro una lista di buone intenzioni accompagnata da una burocratica assegnazione di compiti e incarichi. Tutti, comunque, sotto la costante supervisione di palazzo Chigi.

E’ PREVISTO che il decreto che dovrebbe segnare l’avvio ufficiale del Piano venga discusso e licenziato nel consiglio dei ministri di questa mattina. In realtà Meloni avrebbe voluto fare una presentazione in grande stile nella conferenza Italia-Africa fissata inizialmente per il 6 novembre a Roma ma poi slittata al prossimo anno a causa della crisi in Medio oriente. Nei sette articoli del decreto si spiega come l’obiettivo sia quello di dar vita a un «nuovo partenariato tra Italia e stati del continente africano», con ambiti di intervento che spaziano dalla cooperazione allo sviluppo all’approvvigionamento e sfruttamento sostenibile delle risorse naturali, idriche ed energetiche.

PER QUESTO è prevista la creazione di un’apposita cabina di regia, presieduta dal presidente del consiglio e composta dal ministro degli Esteri (vicepresidente), dagli altri ministri, dal presidente della Conferenza delle regioni e delle province autonome, da Ice (Agenzia italiana per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane), Cassa depositi e prestiti e Sace. Questa struttura servirà anche a promuovere «iniziative finalizzate all’accesso a risorse messe a disposizione dall’Ue e da organizzazioni internazionali, incluse le istituzioni finanziarie internazionali e le banche multilaterali di sviluppo».

RESTA IL FATTO, come si è detto, che per ora non ci sono i soldi per realizzare i progetti allo sviluppo che dovrebbero aiutare l’economia dei paesi africani e, soprattutto, arginare gli sbarchi. Durante il viaggio in Mozambico e Congo fatto a metà ottobre, Meloni ha parlato di 3 miliardi di euro da prelevare dal Fondo clima. «Un investimento importante con cui vorremmo spingere a un nuovo approccio tutta l’Unione europea», spiegò in quell’occasione. L’idea, o meglio la speranza, è infatti quella di allargare il piano inizialmente alla partecipazione degli Stati membri, e in un secondo momento a una partecipazione più internazionale. Una scelta motivata con la necessità di reperire maggiori fondi da investire, ma anche per rafforzare il Piano evitando di presentarlo come un’iniziativa esclusivamente italiana.

NON SONO MANCATE le critiche all’annuncio della presentazione del piano, con Italia viva che sottolinea la mancanza di finanziamenti e la poca concretezza del progetto. «Al momento, di concreto c’è solo il progetto del cavo elettrico sottomarino da 600 MW di potenza per collegare le reti di Italia e Tunisia attraverso il canale di Sicilia. Il resto è fuffa», ha spiegato la senatrice Raffaella Paita. Duro anche il commento di Angelo Bonelli. «Gli obiettivi sono chiari: far arrivare dall’Africa più gas in Italia e in Europa, trasformando il nostro paese in un hub del gas», ha detto il deputato di Avs. «Nella cabina di regia, secondo il decreto, sarà presente Eni, e infatti De Scalzi è il vero artefice e suggeritore della strategia energetica del governo Meloni. Infatti si scrive Piano Mattei, ma si legge Piano De Scalzi».