I Sfide titaniche attendono il governo di Gustavo Petro, la cui avventura alla guida della Colombia è iniziata domenica tra enormi aspettative. Sarà un governo delle prime volte: il primo di segno progressista in due secoli di storia repubblicana, guidato dal primo ex guerrigliero ad assumere il comando delle forze armate, accompagnato dalla prima vicepresidente nera, Francia Márquez.
Sarà anche il primo governo a maggioranza femminile: 10 dei 19 ministri sono donne, tra cui la stessa Márquez, scelta per presiedere il neonato ministero dell’Uguaglianza, quasi un biglietto da visita della nuova amministrazione in un paese considerato tra i più diseguali al mondo. E potrà essere, soprattutto, il primo governo a smantellare il neoliberismo di guerra – nella sua particolare versione narco-paramilitarista – che ha trasformato il paese in «una fossa comune con inno nazionale».

È PER QUESTO che il primo degli obiettivi del governo sarà la cosiddetta «pace totale», da raggiungere, in primo luogo, attraverso il rigoroso compimento dell’Accordo di pace con le Farc del 2016, quello che il governo Santos aveva largamente disatteso e che il governo Duque si era impegnato – mantenendo la parola – a «fare a pezzi».
Impegnandosi a seguire le raccomandazioni della Commissione della verità, il presidente ha annunciato inoltre la ripresa del dialogo con l’Eln, l’Esercito di liberazione nazionale con cui il governo Duque aveva interrotto i colloqui nel 2019 e che già all’indomani della vittoria di Petro aveva dichiarato la propria disponibilità a riannodarli. Una disponibilità al dialogo espressa ugualmente non solo dalle dissidenze delle Farc, ma anche dal Clan del Golfo e da altre organizzazioni criminali.

PER OTTENERE LA PACE, tuttavia, occorrerà affrontare in maniera diversa anche la questione della produzione e del traffico di droga. «È il momento – ha dichiarato Petro – che una nuova Convenzione internazionale ammetta che la guerra contro le droghe è fallita miseramente, lasciando, in questi 40 anni, un milione di latinoamericani assassinati e 70mila nordamericani morti per overdose ogni anno. Una guerra che ha rafforzato le mafie e indebolito gli Stati». Sarà il cambiamento di questa politica, ha spiegato, a permettere alla Colombia e a tutta l’America latina di «vivere in pace». E non ne saranno affatto contenti gli Stati uniti, che quella guerra contro il narcotraffico hanno supportato in ogni modo, tra l’altro come pretesto per giustificare la propria presenza militare nella regione.
Ugualmente necessaria si rivela la riforma delle forze armate, affidata al ministro della Difesa Iván Velásquez, una delle scelte più coraggiose di Petro e quella che più ha fatto infuriare l’uribismo. Già coordinatore dell’unità speciale della Corte suprema sulla “parapolitica”, Velásquez ha a lungo indagato sui vincoli (strettissimi) tra politici e paramilitari, portando alla condanna di una sessantina di parlamentari, tra cui Mario Uribe, il cugino dell’allora presidente.

SE VELÁSQUEZ è una scelta di rottura, con gli altri ministri il presidente è stato però più prudente, privilegiando in particolare l’esperienza (l’età media è non per niente superiore ai 55 anni). È il caso, per esempio, del ministro degli Esteri, il conservatore Álvaro Leyva, considerato un veterano nei negoziati di pace, o del ministro dell’Economia, l’esponente di centro José Antonio Ocampo, che aveva ricoperto lo stesso incarico durante il governo del liberale Ernesto Samper. Sarà lui a doversi occupare della riforma tributaria progressiva già annunciata da Petro, destinata ad accentuare la pressione sui più ricchi e a contrastare l’elevata evasione fiscale.

E SE CIASCUNA delle componenti che sostengono il governo è adeguatamente rappresentata, il petrismo è espresso in particolare dalla ministra della Salute Carolina Corcho, da quella della Cultura Patricia Ariza e da quella dell’Ambiente Susana Muhamad. Un ministero, quest’ultimo, chiamato ad affrontare una delle sfide centrali del nuovo governo: quella del processo di transizione energetica, mirato a ridurre il peso del petrolio e del carbone, a impedire il ricorso al fracking e a delineare un nuovo modello minerario.