Lavoro

Fca, perfino i sindacati «firmatutto» chiedono un incontro a Manley

Fca, perfino i sindacati «firmatutto» chiedono un incontro a ManleyGli operai Fca di Pomigliano

Fca La stessa richiesta che la Fiom - inascoltata - fa da 6 mesi. Altra cig a Pomigliano e Mirafiori che sono senza modelli e investimenti. E intanto Magneti Marelli sta per essere venduta

Pubblicato circa 6 anni faEdizione del 11 ottobre 2018

L’allarme rosso in Fca non poteva essere testimoniato meglio. I sindacati firmatari del contratto collettivo specifico di livello (Ccsl) di Fca hanno inoltrato una richiesta di incontro con il nuovo ad del gruppo Miki Manley. La lettera è firmata dai segretari generali di Fim Cisl, Uilm, Fismic, Uglm e Associazione quadri per «chiedere un incontro che chiarisca le prospettive produttive e occupazionali degli stabilimenti italiani».

In pratica i sindacati «firmatutto» con Marchionne si sono improvvisamente resi conto che le (vaghe) promesse fatte nell’Investor Day del primo giungo dal manager scomparso a luglio sono rimaste tali. La mancanza di modelli a Mirafiori, Pomigliano e negli altri stabilimenti italiani coincide con la fine degli ammortizzatori sociali (promessa di rinnovo di Di Maio a parte).

Per questo chiedono a Manley di «procedere urgentemente al dettaglio delle assegnazioni produttive per ciascun stabilimento definendo la tempistica dei relativi investimenti». In pratica è esattamente quello che chiede – inascoltata – la Fiom da almeno sei mesi.
La mossa però spiega come il clima nelle fabbriche ex Fiat sia diventato pesante: gli 80mila lavoratori del gruppo non credono più alle promesse di azienda e sindacati firmatari.

«Alla luce dei dati sulla produzione industriale, in calo quest’anno del 3,6%, con un incremento degli ammortizzatori sociali, riteniamo non più procrastinabile il confronto con l’azienda», afferma Ferdinando Uliano, segretario nazionale della Fim Cisl. «In alcuni casi purtroppo – spiega Gianluca Ficco, segretario nazionae Uilm – l’urgenza è determinata dal pesante ricorso agli ammortizzatori sociali, come nel Polo produttivo Torinese, a Pomigliano, a Melfi e a Modena. In altri casi, come a Cassino, sono invece le prospettive di medio termine a richiedere ulteriori produzioni. Infine c’è la annunciata dismissione del diesel a imporre un confronto sul destino degli stabilimenti a esso legati, a iniziare da quello di Pratola Serra in provincia di Avellino».

La Fiom – che queste cose le ha sempre denunciate – si sofferma invece sui casi dei singoli stabilimenti con i nuovi annunci di stop alla produzione e di cassa integrazione. «La comunicazione di un ulteriore fermo produttivo a Pomigliano dimostra che la mancanza di nuovi modelli promessi in questi anni, e il ritardo dell’avvio degli investimentirischiano di far precipitare lo stabilimento campano e il sito logistico di Nola in una situazione complicata che mette a rischio il loro futuro produttivo ed occupazionale», attacca Francesco Percuoco, segretario Fiom di Napoli, commentando la chiusura collettiva di otto giorni ad ottobre, comunicata ieri dall’azienda. «Il governo non può rimanere alla finestra come hanno fatto i governi precedenti. L’incontro di verifica, che dovrà avvenire nel mese di ottobre al Mise, a più di tre mesi dall’avvio della cig deve rappresentare l’inizio di un confronto serrato con la proprietà per fare chiarezza sul piano industriale e le assegnazioni di modelli».

Alle carrozzerie di Mirafiori va perfino peggio. «Continua l’alternanza tra corsi, ferie e (poca) produzione, dove i volumi in calo del suv Maserati Levante si accompagnano allesaurimento degli ammortizzatori sociali: nelle ultime tre settimane la produzione si è fermata per otto giorni lavorativi su quindici, e con quest’ultima comunicazione saranno ben 11 su 20. Tutti i sindacati, finalmente – sottolinea Federico Bellono, segretario Fiom Torino – concordano nell’esprimere una forte preoccupazione sul presunto polo del lusso di Mirafiori e Grugliasco. Speriamo anche di poter condividere in tempi brevi iniziative comuni», conclude.

Su tutto il gruppo Fca poi incombe la vendita del gioiello Magneti Marelli. «Nel silenzio assoluto della proprietà, il sistema industriale italiano dell’automotive in queste ore potrebbe perdere, perché venduta a Calsonic Kansei, la Magneti Marelli. Il governo non può rimanere inerme dinnanzi ai rischi che una scelta di questo tipo della proprietà apre sul piano occupazionale, industriale e del futuro della ricerca e sviluppo dell’auto. Il Mise intervenga subito aprendo un tavolo, tra qualche giorno potrebbe essere troppo tardi», attacca il segretario nazionale Fiom Michele De Palma.

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