Per Ursula i conti non tornano. Anche con l’estrema destra
L’Spd di Scholz avverte la presidente della Commissione: non ci sarà l’appoggio del gruppo dei socialisti in caso di accordo con parte di Ecr. Ma a gran danno di Macron, i voti mancanti potrebbero essere trovati da Renew
L’Spd di Scholz avverte la presidente della Commissione: non ci sarà l’appoggio del gruppo dei socialisti in caso di accordo con parte di Ecr. Ma a gran danno di Macron, i voti mancanti potrebbero essere trovati da Renew
Oggi Olaf Scholz e Emmanuel Macron si incontrano a Berlino, nell’ultimo giorno della visita di stato in Germania del presidente francese, ricevuto con tutti gli onori, come non era più successo da 24 anni per un ospite dell’Eliseo. Le guerre in Ucraina e a Gaza, evidentemente sono in cima all’agenda, come le relazioni con la Cina e le questioni economiche. Ma il presidente e il cancelliere parleranno anche del prossimo futuro delle istituzioni della Ue, a meno di due settimane dalle elezioni europee, un appuntamento cruciale per l’avvenire, con l’estrema destra che i sondaggi annunciano grande vincitrice.
I DUE LEADER sono indeboliti a casa propria. Il Rassemblement national di Marine Le Pen è dato in testa in Francia, con il doppio di voti del partito di Macron, Renaissance, mentre in Germania le proiezioni pongono l’Afd al secondo posto, dopo la Cdu-Csu, con l’Spd indietro.
L’Spd di Scholz, ieri, si è unita all’appello dei socialisti europei che mettono in guardia la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen: non ci sarà l’appoggio del gruppo S&D alla ri-candidatura in caso di un accordo con parte di Ecr, in particolare con Fratelli d’Italia. Qualche giorno fa, S&D, i liberali di Renew, i Verdi e Left si sono impegnati a non accettare «mai una cooperazione né a formare coalizioni con l’estrema destra e partiti radicali a nessun livello». Un impegno che, a livello nazionale, è già caduto per i liberali olandesi che fanno parte di Renew, che sono in avanzata discussione per entrare nel prossimo governo guidato dal partito di Geert Wilders (e minacciati di espulsione dalla presidente del gruppo a Strasburgo, la francese capolista, Valérie Hayer). Macron, dalla Germania, ha ripreso i temi che sta mettendo al centro della (discutibile) campagna per le europee, nella speranza di limitare la sconfitta: la democrazia è «in crisi» a causa della crescita dell’estrema destra e del «fascino dell’autoritarismo» che si diffonde. Le Pen, innervosita per il dibattito tv perso qualche giorno fa dal suo puledro Jordan Bardella contro il primo ministro Gabriel Attal, ha subito reagito: Macron «perde i nervi e il sangue freddo».
GLI EUROPARLAMENTARI di Scholz e Macron potrebbero non votare per Ursula von der Leyen, che ha messo in scena una vicinanza con Giorgia Meloni? Mario Draghi è la carta vincente per uscire dalla crisi, visto che ormai la strada dello spitzenkandidat è esplosa in volo? Le manovre per i top jobs a Bruxelles sono in piena confusione, molte varianti sono in ballo, le coalizioni politiche ma anche la nazionalità e gli equilibri tra le varie cariche in termini di schieramenti. E l’estrema destra contrattacca.
DOPO ANNI di freddezza, Marine Le Pen apre ora a Giorgia Meloni, benché le due leader dell’estrema destra finora appartengano a due gruppi distinti, rispettivamente Id e Ecr. «È il momento di unirsi» ha detto Le Pen in un’intervista al Corriere, «siamo d’accordo sull’essenziale» (benché restino le divisioni, sulla Russia in particolare). Un’eventuale alleanza tra il Rassemblement e Fratelli d’Italia, spianata dalla messa al bando di Afd da Id, potrebbe portare alla costituzione del “secondo gruppo” al Parlamento europeo, dietro al Ppe. «Non dobbiamo perdere l’occasione», dice Le Pen. Ma mette in guardia: Ursula von der Leyen deve capire che «il suo tempo è finito» dopo un «mandato tossico», accusata di cercare di «comprare voti» (con Meloni).
SULLA CARTA, I NUMERI non tornano: ci vogliono 361 voti al parlamento europeo per confermare l’elezione del/la prossimo/a presidente della Commissione. I sondaggi indicano 68 eurodeputati per Id, 71 per Ecr, a cui potrebbero aggiungersi i 17 di Afd (che con l’espulsione da Id potrebbe andare tra i non iscritti), i 12 di Fidesz di Orbán, 165 in tutto, un blocco che cerca l’intesa con il Ppe, che resterà il primo gruppo (le proiezioni danno 174 seggi). A gran danno di Macron, i voti mancanti potrebbero essere trovati da Renew, che è un gruppo fluido, dove i voti sono raramente compatti. Ma i giochi non sono ancora fatti. Anche se ci sono già state varie “prove” di affinità tra estrema destra e Ppe nell’europarlamento uscente, a cominciare dai passi indietro sul Green Deal.
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