Netta condanna dell’aggressione ai curdi – «la Turchia è il solo responsabile dell’escalation, la Turchia deve sospendere immediatamente le operazioni militari» – difesa della decisione presa lunedì dal Consiglio affari esteri della Ue che pure è stata giudicata assai debole – «la pianificazione di un embargo europeo avrebbe richiesto mesi» – ma infine l’annuncio di una «istruttoria inerente i contratti in essere» che è l’implicita ammissione di quanto la decisione di bloccare solo la firma di nuovi contratti per la fornitura di armi italiane alla Turchia sia una misura insufficiente. Sono queste le principali comunicazioni che il ministro degli esteri Luigi Di Maio ha fatto ieri al parlamento, intervenendo in mattinata alla camera dei deputati.

Di Maio ha aggiunto una forte preoccupazione per la ripresa delle attività terroristiche dell’Isis: «La minaccia rappresentata da Daesh resta concreta e gravissima. L’offensiva turca rischia di vanificare quanto fin qui acquisito, intaccando la capacità delle forze curde di sorvegliare le strutture in cui sono detenuti migliaia di foreign fighters». E un più generale ragionamento sulla inutilità delle guerre al terrorismo: «È proprio la storia ad insegnarci come ogni intervento militare abbia solo finito per alimentare ulteriori destabilizzazioni, in favore poi di un successivo riassestamento locale della minaccia terroristica. Gli scenari iracheno, afgano e libico ne sono la palese testimonianza».

Quanto al blocco delle forniture di armi, Di Maio ha ripetuto per la seconda volta in due giorni che «nelle prossime ore, come ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, formalizzerò tutti gli atti necessari affinché l’Italia blocchi l’esportazione di armamenti verso Ankara». Aggiungendo, sugli applausi dei deputati del Movimento 5 Stelle, del Pd e di Italia viva, di «aver dato immediate disposizioni per l’apertura di un’istruttoria inerente i contratti in essere, e, in questo senso, ribadisco la mia ferma intenzione di esercitare pienamente tutti i poteri che ci conferisce la legge». La legge 185 del 1990 all’articolo 1 vieta l’esportazione e il transito di armi verso paesi in stato di conflitto armato. La Turchia è il terzo acquirente al mondo di armi italiane, l’export di sistemi d’arma dall’Italia alla Turchia è in crescita impetuosa da sei anni, nel 2018 sono stati autorizzati contratti per 362 milioni di euro. Secondo l’analista Gianni Beretta dell’Osservatorio permanente Opal di Brescia «nei primi sei mesi del 2019 secondo i dati forniti del commercio estero dell’Istat l’Italia ha esportato una cifra record di oltre 46 milioni di euro di armi e munizioni di tipo militare alla Turchia». Venerdì è previsto un presidio di protesta davanti allo stabilimento di Leonardo (ex Finmeccanica) a Campi Bisenzio per chiedere lo stop dell’export di armi alla Turchia.

Ieri intanto, in attesa che la decisione di Di Maio diventi operativa, la Gran Bretagna e il governo ad interim spagnolo hanno comunicato che sospenderanno anche loro i nuovi contratti di vendita di armi alla Turchia come già Finlandia, Norvegia, Paesi Bassi, Germania e Francia. «Lo ripeto con forza, sulla Turchia l’Italia sarà capofila di una decisione forte da parte della Ue – ha assicurato il presidente del Consiglio Giuseppe Conte – ma per essere efficace e portare a un risultato concreto questa decisione deve essere unitaria. Il blocco dell’export di armi è una iniziativa doverosa, ma non sarà la sola».