Il racconto di Eleonora Martini della vicenda di Rita Bernardini m’ha fatto tornare in mente il Marco Antonio scespiriano: «Il bene sovente, rimane sepolto con le sue ossa… e sia così di Cesare. Il nobile Bruto v’ha detto che Cesare era ambizioso. Ora io con il consenso di Bruto e degli altri, poiché Bruto è uomo d’onore, e anche gli altri, tutti, tutti uomini d’onore… vengo a parlarvi di Cesare morto».

C’era una volta un Partito che lottava per il rispetto dello Stato di Diritto perché necessario per la democrazia liberale e l’affermazione dei diritti umani. C’era una volta chi, a fronte di patenti e sistematiche violazioni delle libertà individuali da parte delle istituzioni, si assumeva la responsabilità di disobbedire leggi contro scelte che non recano danno ad altre persone o a se stessi.

C’era una volta un movimento che grazie a quelle disobbedienze ha suscitato riforme nel nostro Paese e altrove. Senza la nonviolenza politica dei radicali di Marco Pannella divorzio, aborto, obiezione di coscienza alla leva, la depenalizzazione dell’uso personale delle “droghe” fino al suicidio assistito in alcune circostanze sarebbero arrivati con altri tempi. C’era una volta chi praticava il «conoscere per deliberare» a corredo di lotte libertarie. Oggi, come Giulio Cesare, non c’è più.

Che alla morte di Pannella si sarebbe creato un problema enorme alla sua “area” era prevedibile (e previsto) ma in pochi si sarebbero immaginati che un «indirizzo» della Prefettura di Roma sarebbe bastato a buttare al macero decenni di disobbedienze civili. Nei giorni scorsi Bernardini, 50 anni di tessere radicali e 5 da deputata, s’è vista sostituire tra i costituenti della Fondazione Marco Pannella perché ritenuta priva dei «necessari requisiti di onorabilità» per farne parte. Il motivo? Le condanne per le sue azioni antiproibizioniste.

Non esiste una norma per cui tale status renda incompatibile la fondazione di un ente del terzo settore, si tratta giusto di criteri stabiliti dalla prefettura. Se per anni si va contro la punibilità di coltivazione o uso condiviso di cannabis, possibile non avere neanche un singulto davanti a una comunicazione del prefetto che stigmatizza tali condotte? Pannella aveva decostruito Machiavelli in «i fini prefigurano in mezzi», ne conseguirebbe che se crei un contenitore per preservare il patrimonio del disobbediente per eccellenza, per essere all’altezza del compito fonderai merito e metodo senza eseguire pedissequamente – e pare segretamente – le direttive prefettizie come un grillino qualunque, giusto? Uno degli ultimi referendum modificava la Legge Severino, no?

«Chi parla di democrazia, di volontà popolare e autodecisione e non si accorge del prefetto non sa quel che si dice. Elezioni, libertà di scelta dei rappresentanti sono una lugubre farsa nei Paesi a governo accentrato di tipo napoleonico». Non scrive un anarchico ma chi coniò il «conoscere per deliberare» ispirando (anche) referendum, presentati 30 anni fa dalla Lista Pannella e nel 2014 dalla Lega per abolire i prefetti.

Comunque si legga l’affaire Bernardini, è indubbio che siamo di fronte a quel «mutamento genetico» del ceto politico radicale (e degli iscritti) che Pannella paventava una ventina d’anni fa. «Tutti voi amaste Cesare un tempo non senza causa», dice Marco Antonio. «Quale causa vi vieta oggi di piangerlo?». Nessuna, tant’è vero che la Consulta nel 2019 e la non collaborazione col regime elettorale di queste ore concorrono a scongiurare che la Storia si ripeta due volte: la prima come tragedia, la seconda…