«La normalizzazione del fascismo non passerà». Marta Bonafoni, coordinatrice della segreteria del Pd, è la più dura. La lettera di Meloni al Corriere, in cui la premier prende a modo suo le distanze dal fascismo con tanti se e tanti ma, non ha per nulla convinto i dem.

Scettico anche il capogruppo al Senato Francesco Boccia: «Spiace che Meloni, pur in uno sforzo che le riconosciamo ma che mantiene una evidente reticenza, non riesca a dichiararsi antifascista. Non si tratta di non aver nostalgie del fascismo ma di riconoscersi nei valori della nostra Costituzione. Chi parla di festa della libertà e non della Liberazione dimostra di non voler capire».

Elly Schlein, dal corteo di Milano (dove è stata accolta molto calorosamente) , non vuole commentare le parole della premier: «Oggi siamo qui a onorare la Resistenza», il suo messaggio telegrafico. Semmai preferisce dedicarsi a come attualizzare il messaggio del 25 aprile: «Siamo nelle piazze con lo spirito di ricordare cosa è stata la dittatura nazifascista, per onorare la memoria dei tanti che hanno sacrificato fino alla propria vita per poter costruire la nostra libertà e dar vita, grazie alla Resistenza antifascista, a quella che oggi è la Costituzione della Repubblica. È un giorno in cui chi fa politica deve anche proiettare quella memoria nel presente e nel futuro».

Schlein insiste nella sua linea, nel voler dettare l’agenda senza inseguire la destra di governo: «Quella paura di futuro che c’era nel regime oggi assume una veste nuova e chiama noi tutti a un impegno quotidiano per realizzare pienamente i valori e i principi costituzionali che ancora non sono pienamente attuati». «Noi ci concentreremo per portare avanti la battaglia per il diritto alla salute, allo studio e per un lavoro dignitoso. Queste sono le cose che oggi rischiano di minacciare il futuro delle nuove generazioni. La memoria diventi un impegno per contrastare le diseguaglianze».

Diversa l’opinione di Giuseppe Conte: «Finalmente iniziano a esserci le premesse perché questa sia una festa condivisa. Anche Meloni rinnega le nostalgie del fascismo, credo che nella sua lettera ci sia uno sforzo di cui dobbiamo prendere atto, con onestà intellettuale, nel voler fare dei passi avanti: sono d’accordissimo sul fatto che non può essere una forza politica che dà legittimazione democratica alle altre perché lo fanno gli elettori».

Il leader M5S mette a verbale di non aver condiviso le parole della leader Fdi sulla guerra: «Non condivido la parte finale, quando approfitta per perpetuare l’escalation militare nel conflitto russo-ucraino. Il coraggio ce l’ha chi vuole costruire faticosamente un percorso di pace, non chi si limita a inviare armamenti militari».

Anche Carlo Calenda loda lo “sforzo” della premier: «Penso ci sia una presa di posizione, poi possiamo discutere se bisognava usare parole diverse, ma credo che tutti oggi ci riconosciamo nella libertà che nasce con la sconfitta del nazifascismo a opera degli alleati e della Resistenza. Oggi va fatto uno sforzo da parte di tutti: invece di sottolineare le divisioni bisogna rimetterle insieme».

Il suo collega di partito, ex Forza Italia, Osvaldo Napoli, è meno benevolo: «Quella di Meloni è una modalità minore, se così si può dire, di proclamarsi antifascisti». Il leader di Azione resta molto critico sul presidente del Senato La Russa: «Male che non sia ancora in grado di dire parole chiare, anzi dice parole sbagliate anche storicamente».

Il più chiaro è il sindaco di Milano Beppe Sala: «La lettera al Corriere non aggiunge assolutamente nulla. Certe cose se si sentono bisogna dirle ad alta voce, mettendoci la faccia. Meloni dovrebbe dire con chiarezza e in maniera definitiva: ‘”siamo antifascisti”». Concetto simile a quello del leader dei Verbi Angelo Bonelli: «La premier dice cose che già sapevamo e non prende le distanze da La Russa, che ha tentato di indicare i buoni e i cattivi tra i parigiani».

«Oggi è la festa della Liberazione non della libertà come ancora oggi la presidente Meloni ripropone, è festa della Liberazione dal fascismo e dal nazismo», osserva Nicola Fratoianni. «Dalle parti della destra si abbia il coraggio di dire la verità». Più duro il segretario di Rifondazione Maurizio Acerbo: «Meloni dimostra che la destra italiana rimane erede dei fascisti. Non usa la parola Liberazione perché tale non è stata per i fascisti come Almirante, e non lo è oggi per Fdi».