Sul palco, a fare i testimonial di #Bastaunsì ci saranno «imprenditori, operai, insegnanti, pensionati», il sindaco di Milano Beppe Sala e quella straordinaria di Lampedusa Giusy Nicolini, i musicisti della martoriata Amatrice. In molti scenderanno dai pullman con cui la macchina organizzativa del Pd cercherà il colpo d’occhio a Piazza del Popolo e comunicare – ai tg, ai presenti e ai collegati (l’iniziativa sarà trasmessa in streaming e su Facebook) – che, a dispetto di quello che dicono i sondaggi la vittoria del referendum è a portata di mano.
Per questo Renzi non lascia niente di intentato. Ieri mattina a sorpresa ha fatti visita al carcere Due Palazzi di Padova, con il ministro della Giustizia Orlando e il sottosegretario Migliore. Via twitter ha dedicato il gesto alla memoria del leader radicale da poco scomparso Marco Pannella. Poi ha visitato la redazione di Ristretti Orizzonti, la rivista dedicata alla condizione carceraria, e ancora ha voluto parlare da Radio Radicale, da dove ha lanciato un messaggio all’Europa e al presidente ungherese Orban che gli aveva dato del «nervoso»: «C’è una piccola novità, il presidente del Consiglio dei ministri della Repubblica italiana comunica ufficialmente che metterà il veto su qualsiasi bilancio che non contempli pari oneri e onori». Renzi è diventato eurocritico: gli attacchi alla Ue, dicono ancora i sondaggi, stanno facendo breccia fra gli indecisi di destra.

Altri attacchi arriveranno oggi dal palco dove salirà alle 17. Instancabile, una vera macchina da campagna elettorale. «La piazza è del Popolo», recita uno slogan non precisamente originale. Sarà un Pd Pride, «una festa per rivendicare (le parole sono di Ettore Rosato, capogruppo alla camera).

Ma intanto una nota stonata’è già: la minoranza non ci sarà. L’ex segretario Pier Luigi Bersani è in tournée invitato dai comitati «Dem per il No». Il suo comizio in piazza a Siracusa, in programma per lunedì, ieri ha scatenato la polemica sui social. Roberto Speranza sarà a Potenza, e comunque, spiega a Piazza del Popolo non ci sarebbe andato comunque: «Sara una manifestazione per il Sì ed io notoriamente ho un’altra opinione». Non ci sarà neanche Gianni Cuperlo, a meno di nuovi ripensamenti dell’ultimissimo minuto. Nella commissione per la modifica dell’Italicum «il clima è buono» ripete a chi lo interroga. C’è chi giura che un accordo fra maggioranza Pd e minoranze potrebbe persino essere a portata di mano sulla base del ’modello greco’ proposto dai giovani turchi di Matteo Orfini, il presidente che fa parte del ’board’ della trattativa condotta in prima persona dal vicesegretario Lorenzo Guerini. L’esponente di Sinistradem ricapitola: «Il tema che io ho posto è la riduzione delle distanze nel campo della rappresentanza. Elezione diretta dei senatori. Collegi che restituiscano ai cittadini la scelta e con un premio fisso che favorisca governi stabili restando in un regime parlamentare».

Ma se anche si arrivasse a un accordo, il punto sarebbe come renderlo impegnativo e non una delle tante promesse del premier. Le opzioni sono diverse: depositare il testo in commissione a Montecitorio, oppure solidificarlo con un voto in direzione. A questo punto Renzi dovrebbe far capire fino a dove intende spingersi per recuperare almeno simbolicamente un pezzo della minoranza (e staccarla dai bersaniani) rimangiandosi però i voti di fiducia imposti sulla legge elettorale considerata, all’epoca, una meraviglia.
Per votare Sì al referendum Cuperlo gli chiede «un atto» che smonti il famoso ’combinato disposto’ fra Italicum e modifica costituzionale. Ma sa bene che «la strada è stretta». E che il problema è anche fra le minoranze. «È necessario che da parte di tutti, a partire dal segretario, alle parole seguano gli atti», dice. Parla a nuora perché suocera intenda. E la suocera stavolta è Bersani che ormai fa campagna per il No e non potrebbe rimangiarsi i comizi già svolti. Mercoledì ci dovrebbe essere una nuova riunione della commissione.
Ma la solitudine del soldato Cuperlo ormai è evidente. «A nome della sinistra del Pd mi sono assunto il compito di provare in tempi brevi a trovare una soluzione», dice. «Se questa è ancora la volontà di tutti io vado avanti con l’impegno di cui sono capace. Se non fosse così e si ritenesse questo tentativo superato o inutile perché ciascuno ha già deciso, meglio dirlo a voce alta».