Grano e speranza, due beni che scarseggiano. È questo secondo il segretario generale delle Nazioni unite, Antonio Guterres, il carico della prima nave che ieri ha lasciato le acque ucraine: «Speranza per milioni di persone in tutto il mondo che dipendono dal buon funzionamento dei porti ucraini per sfamare le loro famiglie». Infatti, nella mattinata di lunedì il cargo «Razoni», battente bandiera della Sierra Leone, è salpato dal porto di Odessa con 26.000 tonnellate di mais destinate al Libano.

LA CONFERMA ufficiale è stata data dal ministro ucraino delle infrastrutture, Oleksandr Kubrakov, che ha scritto su Twitter che «dopo l’aggressione russa la prima nave di grano ha lasciato il porto». Il che aiuterà anche l’economia ucraina, in cui il default economico è «virtualmente certo» secondo Standard&Poor’s. Stando a Kubrakov «lo sblocco dei porti fornirà almeno un miliardo di dollari di entrate in valuta estera all’economia e un’opportunità per il settore agricolo di pianificare il prossimo anno».

Dal 22 luglio, data in cui Russia, Ucraina, Turchia e Nazioni unite hanno firmato gli accordi di Istanbul per la riapertura di rotte marittime sicure da alcuni porti prestabiliti, quella di ieri è stata la prima partenza.

Gli assicuratori e le compagnie di navigazione non si sono affatto precipitati a inviare i propri natanti per la paura di attacchi missilistici sui depositi di grano e i moli e, soprattutto, per la presenza di mine sottomarine nell’area. Secondo diversi analisti il processo sarà in realtà molto più lento di quanto ci si attendeva, i mercati non saranno inondati di grano in tempi relativamente brevi e, del resto, la buona riuscita dei primi viaggi è considerata fondamentale per rompere gli indugi delle aziende che al momento esitano a riprendere le attività nel Mar Nero.

UCRAINA e Russia sono tra i principali fornitori mondiali di grano, orzo, mais e olio di girasole e fertilizzanti agricoli. La guerra ha determinato un blocco senza precedenti nelle esportazioni che ha aggravato l’aumento dei prezzi dei prodotti alimentari in tutto il mondo, minacciando soprattutto le aree più povere del globo. Inoltre, una delle preoccupazioni maggiori dei governi europei è la crescente instabilità di Paesi, soprattutto in Africa, nei quali la crisi alimentare si innesta su contesti socio-politici già estremamente fragili.

Non è un caso che il ministro della Difesa turco, Hulusi Akar, ha richiamato proprio la minaccia di «una grave ondata migratoria dall’Africa all’Europa e alla Turchia. Ankara per anni ha approfittato della sua posizione geografica e, in quanto porta del Medio Oriente, ha ottenuto diversi vantaggi sia economici sia strategici dalla Nato e dai Paesi europei.

Molti occhi si sono chiusi o si sono voltati dall’altra parte per non vedere le pratiche autoritarie del regime di Erdogan e oggi, a cinque mesi dall’inizio della guerra in Ucraina e con l’inverno alle porte, non è un caso che Akar agiti lo spauracchio di nuovi flussi migratori massicci alle porte dell’Occidente.

Dopo le ispezioni previste dal patto di Istanbul all’interno delle acque territoriali turche, il «Razoni» navigherà verso Beirut, dove nel 2020 una potente esplosione nella zona del porto ha distrutto i silos di grano di un Paese già sull’orlo del default finanziario. Il Libano importa principalmente grano dall’Ucraina ma è anche un grande acquirente di mais che usa per produrre olio da cucina e mangimi per animali.

IL GOVERNO di Beirut proprio in questi giorni sta trattenendo forzatamente una nave che, secondo le accuse, trasporta grano ucraino rubato. L’ambasciata ucraina in Libano ha ricevuto un ordine che consente il sequestro della nave per 72 ore. In precedenza, l’ambasciata aveva informato i funzionari che una nave siriana carica di orzo rubato dai territori occupati aveva attraccato nel porto di Tripoli.

Al momento altre dieci navi cariche di grano sarebbero pronte a lasciare il porto di Chornomorsk, nei pressi di Odessa, ma si attende l’autorizzazione a salpare dell’autorità portuale ucraina e degli attori internazionali coinvolti.