Mohammad Abed Alkhalq Iskafi, direttore del pronto soccorso dell’al Shifa, risponde al telefono da Gaza poco dopo aver lasciato l’ospedale.

Siete in fase di evacuazione, ma l’esercito dice che non lo ha ordinato… Come sempre notizie controverse.

I militari israeliani hanno invaso l’ospedale qualche giorno fa e stamattina (ieri, ndr) hanno chiesto a medici e pazienti di evacuarlo entro un’ora. Quando lo hanno chiesto c’erano circa 600 pazienti, al momento ne sono rimasti 150, di cui 30 neonati. Alcuni pazienti non sono coscienti e hanno bisogno di assistenza, non possono muoversi, nessuno può prenderli sotto la propria responsabilità. Sembra che Israele stia organizzando il resto dell’evacuazione con delle ambulanze. Alcuni medici sono ancora in ospedale, ma non so quanti. Poi ci sono molti corpi senza vita attorno all’ospedale e nessuno può fare nulla per loro. Gli israeliani dovrebbero averne raccolti 120, non so dove li hanno portati, so solo che sono tutti palestinesi. Ora l’esercito ha chiesto di andare a sud di Gaza, il problema è che i pazienti che hanno lasciato l’ospedale dovrebbero camminare per 25 chilometri. Una situazione terribile per loro e le loro famiglie. Probabilmente alcuni di loro moriranno sulla strada.

Avete il sostegno Onu o di organizzazioni non governative o siete totalmente soli?

Stiamo aspettando il sostegno delle Nazioni unite o di altre agenzie internazionali per evacuare i pazienti gravi con appositi mezzi di trasporto, ma non abbiamo ancora notizie da nessuno. Aspettiamo.

Si cerca di provare che l’ospedale fosse una base di Hamas, ma le prove sembrano del tutto incongruenti…

Noi non abbiamo fatto altro che curare i malati, quello che dicono è una menzogna perché Hamas non può utilizzare e non ha mai utilizzato l’ospedale come base. Si tratta di artifici, ma possiamo anche aspettarci altro da Israele. Aspettiamo di capire cosa vedranno, o mostreranno, ma noi sappiamo che all’interno dell’ospedale non c’è nulla che abbia a che fare con Hamas. Stanno usando questa vicenda per la loro propaganda militare.