Definirlo icona è restrittivo perché Johnny Hallyday, morto a Parigi a 74 anni, ha mantenuto con forza la sua immagine – quasi senza appannamenti – e il suo successo per 60 anni. Vendendo 100 milioni di dischi, alzando le tirature di Paris Match che lo ha ospitato spesso e volentieri sulle copertine, riempiendo stadi e palazzetti dello sport nei suoi lunghi tour, interpretando oltre 30 film. Per la Francia è un lutto nazionale, i fan accampati davanti alla sua abitazione portano fiori, e il fronte politico – di destra o sinistra – si compatta. L’esponente socialista Benoit Hamon ha scritto suo suo profilo Twitter: «Questa mattina è un po’ come se Parigi perdesse la Tour Eiffel». Il mito di Hallyday nasce con il rock’n’roll – così come per Celentano al quale molti lo paragonano (e nella sua discografia non mancano infatti traduzioni francesi dei pezzi celebri del Molleggiato…). È il 1954 quando l’appena quattordicenne Jean Philippe Smet (il vero nome di Hallyday) come milioni di adolescenti di quell’epoca, resta folgorato da Elvis Presley e lo spinge a imitarne il canto, stile e postura.

La scalata al successo è repentina, nel ’59 firma per la Vogue Records e dopo un paio di hit minori esplode nel 1961 grazie a Viens Danser le Twist, cover di Let’s Twist Again di Cubby Cheker. Da quel momento sono decine e decine i singoli e gli album a scalare le classifiche (qualche titolo T’aimer follement, Ma guelè, Oh Ma jolie Sarah, Que je t’aime, Souvenirs souvenirs, Derrière l’amour), collaborazioni di prestigio (Jimmy Page, Peter Frampton), a comporre un repertorio di quasi mille canzoni. E come ogni rock star anche la vita sentimentale è turbolenta e ricca di scandali: in Italia (dove il successo è stato fugace è concentrato nei ’60, come nei paesi di lingua inglese dove non è mai riuscito a sfondare) lo ricordano per il tempestoso matrimonio con Sylvie Vartan, durato 15 anni e condito da un paio di tentativi di suicidio.

Ma Hallyday non è stato solo cantante e showman, anche il cinema gli ha regalato ruoli importanti: inizia negli anni ’70 con pellicole di cassetta ma è soprattutto negli ’80 a imporsi (Il detective di Godard, Consiglio di famiglia di Costa-Gavras). È poi applaudito interprete in L’uomo del treno di Patrice Leconte (2002), accanto a Jean Rochefort, tornando protagonista nel 2009 in Vendicami di Johnnie To, presentato al festival di Cannes.