«Non c’è guerra di religione, c’è guerra di interessi, per i soldi, per le risorse naturali, per il dominio dei popoli». Ha commentato così papa Francesco l’uccisione di Padre Jacques che ha scosso la Francia e il resto del mondo. I conflitti sono generati da cause materiali.

Il santo padre è consapevole che viviamo in un epoca in cui ogni cordon sanitaire contro gli estremismi politici si è definitivamente spezzato. L’idea di una guerra santa in corso nel mondo è ridotta a quello che è, ovvero a spauracchio agitato trasversalmente dai partiti populisti di destra e non solo, la cui ascesa non sembra destinata a subire battute di arresto nel breve e medio periodo. Il pontefice ne ha smontato la ragion d’essere con una sola frase mettendo a nudo le contraddizioni della retorica populista, pseudo-cattolica e xenofoba professata in tutto il mondo dai vari Le Pen, Trump, e Orban di turno e dal loro elettorato.
Un segnale forte, anzi fortissimo, mandato all’Occidente, letteralmente da carpire al volo, visto che il pontefice lo ha dichiarato a bordo del suo aereo ancora prima di atterrare a Cracovia. Una visione materialistica quella di papa Francesco che non contrasta con lo slancio spirituale e evangelico della sua missione: è da qui che passa l’eccezionalità del suo pontificato. Non c’e dubbio che papa Francesco lo dirà chiaro e tondo anche alle centinaia di migliaia di giovani accorsi in Polonia in occasione della trentunesima Giornata mondiale della gioventù.

Intanto, le celebrazioni sono entrate nel vivo dopo l’atterraggio del pontefice che è stato ricevuto dal presidente della Repubblica polacca Andrzej Duda, in attesa dei numerosi bagni di folla tra i fedeli in programma fino a domenica. Ad accoglierlo nella citta polacca dove Karol Wojtyla fu vescovo, giungeranno almeno un milione e mezzo di persone da tutto il mondo. Un’atmosfera di festa, ben oltre i confini del giardino anulare di Planty che separa con il suo tracciato verde il centro storico dagli altri quartieri cracoviani.

Fino a domani, papa Francesco si sporgerà ogni sera dalla stessa finestra da cui Giovanni Paolo II era solito affacciarsi durante le sue appassionate conversazioni notturne con i giovani radunati di fronte al palazzo arcivescovile nella piazza del convento francescano. Un gesto di continuità con il passato in un paese in cui sono state eretti più di 7mila monumenti dedicati a Giovanni Paolo, nonostante l’opposizione ad ogni forma di idolatria personale professata in vita da Karol Wojtyla. Una Cracovia gioiosa che si ammanterà per una settimana della veste del multiculturalismo grazie ai canti e alle preghiere dei pellegrini, a dispetto delle ingenti misure di sicurezza varate dal governo della destra populista Diritto e giustizia (PiS). Allerta massima nelle strade del paese con almeno 37.000 forze di sicurezza mobilitate in occasione del soggiorno del papa. Giovedì scorso, le forze dell’ordine avevano fermato un cittadino iracheno in un ostello di Lodz al quale sono state trovate delle tracce di esplosivo C4 sugli abiti e la valigia. L’uomo, reduce da una breve tappa a Cracovia, si sarebbe recato in Polonia per aprire un ristorante.

«Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia», è il motto dell’evento cracoviano annunciato due anni fa a conclusione dell’ultima Gmg, svoltasi a Rio de Janeiro. Una scelta confermata poi dalla decisione di convocare l’Anno della Misericordia mediante la bolla Misericordiae vultus dell’11 aprile 2015. «Ogni parrocchia accolga una famiglia di profughi. Lo faranno per prime le due parrocchie del Vaticano. Cominciamo dalla mia diocesi di Roma», aveva annunciato papa Francesco a settembre scorso in un breve discorso poco prima dell’Angelus. Dopotutto, l’accoglienza dell’Altro è una delle sette opere di misericordia corporale. Ma non tutti i vescovi o parroci sono per un’applicazione estensiva di tale concetto.

È probabile che papa Francesco abbia ribadito lo stesso concetto all’alto clero polacco ieri in occasione di una riunione a porte chiuse nel castello di Wavel. E così che il vecchio diktat locale di Monsigor Marek Jedraszewski in materia di accoglienza «dobbiamo essere aperti ma anche prudenti e responsabili», non è più accettabile. Soprattutto in un paese dove la parola prudenza fa rima con una strategia di chiusura totale nei confronti degli immigrati e dei rifugiati, professata in patria dai politici PiS. La chiesa è tenuta a dare il buon esempio alla società civile senza «se» e senza «ma». Un obiettivo tutt’altro che facile da perseguire. «La Polonia è un paese omogeneo dal punto di vista etnico. Il fenomeno dell’immigrazione in generale (dei profughi e rifugiati in particolare) è nuovo, diverso, è strano per un polacco medio», si legge in un comunicato stampa da parte di Pawel Rytel-Andrianik, portavoce dei vescovi polacchi, diffuso dal Vaticano pochi giorni prima della Gmg.