Alla fine la Germania ha fatto un passo indietro e ha ritirato l’emendamento al Regolamento per la gestione delle crisi migratorie che aveva fatto infuriare Giorgia Meloni. Poche righe nelle quali le ong venivano escluse dai casi di strumentalizzazione delle migrazioni e utili a mettere i salvataggi in mare fatti dalle organizzazioni umanitarie al riparo dagli attacchi delle destre. Dopo un giorno e una notte di trattative, gli ambasciatori dell’Ue riuniti nel Coreper hanno trovato l’accordo che prevede il declassamento e la riscrittura del testo, che non figura più come emendamento al Regolamento. La nuova versione – votata a maggioranza qualificata, con Ungheria e Polonia contrarie e l’astensione di Austria, Slovacchia e Repubblica Ceca – stabilisce che «le operazioni di aiuto umanitario non dovrebbero essere considerate come strumentalizzazione dei migranti quando non vi è l’obiettivo di destabilizzare l’Unione o uno Stato membro». Tanto basta alla premier italiana per cantare vittoria: «L’emendamento della Germania secondo me faceva dei passi indietro sul tema anche delle ong. E’ stato ritirato ed è passata la posizione italiana», ha spiegato Meloni. Ma la marcia indietro di Berlino permette al Consiglio di mettere fine allo stallo in cui era finito il Patto sulle migrazione riaprendo i negoziati con il parlamento europeo.

Anche se non ci sono conferme ufficiali, dietro l’accordo di ieri ci sarebbero le pressioni fatte sulla Germania dai vertici dell’Unione, preoccupati di arrivare alle prossime elezioni di giugno senza un’intesa sui migranti, ma soprattutto una telefonata notturna tra la premier e il cancelliere tedesco Olaf Scholz che ha segnato una riappacificazione che potrebbe essere resa ufficiale al vertice informale che si terrà oggi a Granada con un faccia a faccia tra i due leader.

Sciolto il nodo ong, restano tutte le misure approvate dai ministri dell’Interno dei 27 nel vertice di giugno. Tra queste la possibilità per uno Stato di chiedere di poter andare in deroga al Regolamento in tre casi: flussi massicci di migranti ai propri confini, in caso di forza maggiore, come ad esempio una pandemia o, infine, nel caso di strumentalizzazione dei migranti, come avvenne nel 2021 quando la Bielorussia spinse migliaia di uomini, donne e bambini ad attraversare la frontiera con la Polonia.

La proclamazione dello stato di crisi viene decisa dal Consiglio Ue su proposta della Commissione e prevede il ricollocamento dei migranti tra gli Stati membri in quote stabilite in base al Pil e alla popolazione. Per chi rifiuta l’accoglienza dovrà contribuire pagando 20 mila euro per ogni mancato ricollocamento. Soldi destinati a un fondo dedicato alla dimensione esterna delle migrazioni. «La cosa importante – sottolineavano ieri fonti diplomatiche – è che per la prima volta la solidarietà diventa un obbligo giuridico permanente».

Non mancano, però, misure che preoccupano non poco le organizzazioni umanitarie. Come quella che prevede la costruzione da parte di paesi di primo approdo di centri alle frontiere dove rinchiudere i richiedenti asilo con l’obbligo di esaminare le domande di protezione entro quattro settimane. In caso di rigetto della richiesta, il migrante potrà essere respinto nell’ultimo paese terzo di transito purché ritenuto sicuro e purché esista una «connessione» sufficiente, come ad esempio averci vissuto per alcuni anni. Misure che allarmano Amnesty international, che parla di accordo «pericoloso e sproporzionato»: «Le persone che arrivano alle frontiere europee – ha commentato ieri Eve Geddie, direttrice dell’organizzazione presso l’Ue – devono poter cercare asilo, avere la loro richiesta esaminata in modo equo ed essere accolte con dignità. Questo accordo rischia di causare blocchi e arresti e di mettere le persone in condizione di bisogno lungo le frontiere europee».

Le migrazioni si parlerà anche nei due vertici europei che si tengono oggi e domani in Spagna. In particolare per oggi è previsto la terza riunione della Comunità politica europea alla quale partecipano i leader anche di Paesi extra Ue. Per Meloni sarà l’occasione per incontrare di nuovo il premier britannico Rishi Sunak e altri capi di Stato e di governo favorevoli a una linea dura nei confronti dei migranti. Sul vertice di venerdì, riservato ai soli leader Ue, pesano invece le polemiche sul Memorandum siglato con la Tunisia. Secondo il presidente del Consiglio Ue Charles Michel siglando quel patto la Commissione sarebbe andata oltre le sue competenze. Parole «che non aiutano», secondo un portavo cella Commissione, secondo il quale le dichiarazioni di Michel «sono parzialmente imprecise e non rafforzano in nessun modo l’abilità della Ue di agire in modo efficace nell’affrontare la difficile questione della migrazione».