Nel pomeriggio, dopo una mattinata passata a discutere virtualmente in assemblea con gli altri senatori Pd, le parole del renziano Andrea Marcucci se non una vera a propria resa hanno tutta l’aria di essere quanto meno un invito a deporre le armi: «Sono disposto anche a votare così com’è il ddl Zan, con tutti i suoi limiti e con tutti gli errori commessi», dice l’ex capogruppo dem. «Il Pd però non si può permettere di prendere parte alla denigrazione di chi ha in merito opinioni diverse».

Parole che sanano, almeno temporaneamente, la spaccatura aperta nel partito democratico dal disegno di legge contro l’omofobia, la transfobia, la misoginia e la disabilità. Per arrivare a questo punto, però, è stato necessario che al Senato si facesse vedere direttamente Enrico Letta, consapevole del malumore che il ddl, che pure porta il nome di un parlamentare dem, il deputato Alessandro Zan, e che il Pd ha già votato compattamente alla Camera, ancora suscita in alcuni dei suoi senatori. E l’appello del segretario, seppure addolcito nei toni, è esplicito nel rigettare ogni ipotesi di modifica, cosa che comporterebbe un rinvio del testo alla Camera: «L’Italia deve fare un passo avanti di civiltà e con il ddl Zan può farlo» premette Letta prima di spiegare che «non ci sono più le condizioni politiche per un terzo passaggio. Il Pd non si può far mettere i piedi in testa da idee retrograde della Lega. Mi assumo la responsabilità di chiedervi di approvare la legge così com’è».

Se e quando il ddl arriverà nell’aula del Senato, dove il voto segreto è praticamente scontato, si vedrà se le parole del segretario avranno avuto l’effetto cercato. Intanto, però, rappresentano un segnale chiaro anche per chi, fuori dal partito ma sempre a sinistra, chiede di fermare il ddl. Come Arcilesbica, che vorrebbe modificare l’articolo 1 della legge precisando meglio dal punto di vista giuridico la nozione di «sesso» cancellando i termini «genere» e «identità di genere« per sostituirli con «stereotipi di genere» e «transessualità». Oppure inserendo precisi paletti alla maternità surrogata, materia delicatissima che la legge però non affronta. Posizioni condivise anche da 430 personalità di centrosinistra che in una lettera due giorni fa hanno chiesto al presidente della commissione Giustizia del Senato, il leghista Andrea Ostellari, di poter essere ascoltate.

Seppure con posizioni diverse, dubbi del ddl sono presenti anche tra alcuni senatori Pd. In assemblea se ne fanno portavoce, tra gli altri, Valeria Valente, Valeria Fedeli, Stefano Collina: «Il tema non è se fare o non fare una legge contro l’omotransfobia, che è giusta e necessaria, ma come farla«, dice ad esempio la senatrice Valente. «Avrei preferitosi si tornasse a parlare di ’identità sessuale’ e di ’orientamento sessuale’ cancellando sesso e genere per evitare che il ddl Zan riguardasse le donne». «Al vertice della piramide di odio c’è la misoginia», risponde Monica Cirinnà. «Dunque la matrice culturale della violenza contro le donne e contro gli altri percepiti come ’diversi’ è la stessa».
Ma un eventuale stop alla legge rischia di ripercuotersi anche sul partito. A ricordarlo a tutti ci pensa Luigi Zanda: attenzione, avverte il senatore, «se dovessimo fallire sarebbe un colpo per il Pd perché è una legge che porta il nostro nome».