Sono giorni di grande tensione in Libano: il caso Pascal Sleiman crea ulteriori frazioni interne. Domenica verso le 18.15 Sleiman, originario di Mayfouk e quadro importante di Byblos del partito delle Forze Libanesi (partito cristiano della destra conservatrice), viene mandato fuori strada sulla sua auto nei pressi di Kharbed.

Secondo le ricostruzioni, quattro uomini su due vetture rubate qualche giorno prima hanno forzato la manovra. Sleiman è stato rapito e poi ucciso. L’auto che lo trasportava è stata intercettata successivamente in Siria; l’altra a Tripoli, nel nord del paese. Lunedì sera il corpo è stato ritrovato nel distretto di Homs e riconsegnato alle autorità libanesi.

Sette gli arresti, tutti siriani e tutti sospettati di aver avuto un ruolo nell’omicidio. Presi anche i quattro accusati di essere a bordo delle due auto. Molti sono i dubbi su dinamiche e movente. In un primo momento, le autorità libanesi avevano parlato di un furto d’auto.

LA VERSIONE dell’esercito è stata però nettamente rifiutata dal leader delle Forze Libanesi Samir Geagea per il quale si tratta di «un omicidio politico fino a prova contraria». La convinzione nel partito è che dietro ci sia Hezbollah. Nel discorso pubblico di lunedì sera il leader del Partito di Dio, Hassan Nasrallah, si è sentito in dovere di chiamarsi estraneo ai fatti. Mentre le indagini proveranno a chiarirli, il caso destabilizza ulteriormente il Libano anche dall’interno.

Negli ultimi anni le tensioni tra Hezbollah e le Fl sono aumentate, fino a raggiungere l’apice il 15 ottobre 2021: in una manifestazione, organizzata da sostenitori del tandem sciita Amal e Hezbollah, contro il giudice Bitar che lavora all’inchiesta sull’esplosione al porto di Beirut del 4 agosto 2020, alcuni cecchini affiliati alle Forze Libanesi avevano aperto il fuoco sul corteo, uccidendo sette persone.

La guerra logorante che sta combattendo Hezbollah con l’esercito israeliano dall’8 ottobre scorso sta mettendo il Libano alla prova. La crisi economico-finanziaria cominciata nel 2019, tutt’altro che risolta, e le conseguenti crisi sociale ed emigrazione di massa ne sono il substrato. In questi giorni sono rimbalzate accuse da una parte e dall’altra che hanno fatto esplicito riferimento alle fasi iniziali della guerra civile libanese (1975/90).

Il coinvolgimento di siriani nell’omicidio fa tornale la questione ancora più centrale. I rifugiati nel paese, su una popolazione di quattro milioni di libanesi, sono due milioni. Nei giorni successivi l’omicidio Sleiman, sono girati sui social video di attacchi a siriani per la strada. Il ministro degli interni Mawlawi ha dichiarato che «la presenza di siriani in Libano, così com’è oggi, è inaccettabile».

SORGONO per le strade checkpoint non ufficiali contro i siriani e ronde, rendendo il clima molto pesante. Martedì sera è stato inoltre ritrovato nella sua villa di Beit Mary (a pochi chilometri dalla capitale) Mohammad Sarur, un libanese di 57 anni sotto sanzioni Usa perché accusato di traffico illecito di denaro tra l’Iran e Hamas, ucciso con cinque colpi di pistola. Accanto al corpo, un’importante somma di denaro che non è stata toccata.

Domani sono attesi i funerali di Pascal Sleiman. Il Libano rischia di crollare su due fronti: da un lato, l’esercito israeliano ha dichiarato di stare preparando un’offensiva al nord, dall’altro le tensioni interne aumentano di ora in ora.