Una nuova e spettacolare azione di forza dello Stato islamico ha colpito la Repubblica democratica del Congo. Nella notte fra il 9 e il 10 agosto, infatti, tre squadre di miliziani islamisti hanno preso d’assalto la prigione centrale di Kakwangura a Butembo, la terza città più grande della provincia del Nord Kivu.

Un attacco coordinato e ben pianificato che ha visto un primo gruppo assaltare la caserma delle guardie carcerarie uccidendone subito due e facendo fuggire le altre, il secondo gruppo ha invece puntato alla prigione sfondando il portone e appiccando un incendio, mentre la terza squadra si è disposta sulla strada che porta in città con l’obiettivo di bloccare l’arrivo di eventuali rinforzi dalle caserme vicine.

L’obiettivo degli islamisti era liberare alcuni loro compagni arrestati nelle operazioni militari condotte dall’esercito congolese contro i ribelli delle Allied Democratic Forces (Adf), una milizia affiliata all’Isis dal 2019 con l’obiettivo di creare un wilayat ( provincia) islamico dell’Africa Centrale.

Ben 822 degli 870 detenuti presenti sono riusciti a scappare. L’esercito non è intervenuto subito perché gli assalitori erano pesantemente armati, a detta del capitano Antony Mualushayi, portavoce delle forze armate congolesi. L’Isis aveva già organizzato un’operazione simile nell’ottobre del 2020 quando a Beni, poco più a nord di Butembo, dopo aver neutralizzato la postazione militare cittadina, ben mille detenuti erano stati liberati e arruolati in gran parte nelle Adf.
Da tempo la Repubblica democratica del Congo è diventata il nuovo grande obiettivo nell’inarrestabile espansionismo africano dei miliziani jihadiste, che approfittando delle scarse capacità delle forze armate locali qui riescono facilmente a dilagare.

L’Alleanza delle forze democratiche è attiva nelle zone di confine fra Congo e Uganda dalla metà degli anni ’90, con l’obiettivo iniziale di rovesciare il governo del presidente Museveni a Kampala. La radicalizzazione e l’affiliazione allo Stato islamico sono avvenute in cambio di finanziamenti e di un salto di qualità nell’organizzazione degli attacchi e della propaganda. L’Isis ha utilizzato le sue reti per rafforzare le fila di questi musulmani ugandesi con foreign fighters provenienti da Kenya, Tanzana, Burundi, Somalia, combattenti esperti in guerriglia che hanno addestrato le nuove reclute. Grazie a questi innesti le azioni delle Adf si sono moltiplicate lungo tutto il confine.

Il governo centrale di Kinshasa si è visto costretto ad estendere lo stato d’assedio in Nord Kivu e Ituri e soprattutto a chiedere l’intervento dell’esercito ugandese che da mesi agisce in territorio congolese con risultati altalenanti.

Il presidente congolese Felix Tshisekedi ha promesso la pace nelle province orientali, ma fino ad oggi le sue forze armate si sono limitate a strategie di contenimento, a causa della loro modesta capacità offensiva. E il crescente consenso popolare che lo Stato islamico sembra riscuotere negli ultimi tempi rende la situazione sempre più esplosiva in una regione geopoliticamente chiave per tutto il continente africano, dove Ruanda, Uganda e Burundi cercano di guadagnare influenza a discapito di una popolazione sempre più disperata.