«Per colpire Putin bisognerebbe sanzionare i suoi oligarchi e privarli della possibilità di godere dell’amatissimo stile di vita italiano», sostiene l’oppositore russo Alexey Navalny facendo riferimento alle proprietà immobiliari acquistate da personaggi come Evgeny Lebedev in Umbria. A riportare questa frase sono Jacopo Iacoboni e Gianluca Paolucci nel volume «Oligarchi. Come gli amici di Putin stanno comprando l’Italia» (Laterza, 2021, pp. 216, euro18). Per oligarchi russi, si intendono «uomini d’affari che hanno accumulato enormi ricchezze a partire dagli anni delle privatizzazioni selvagge dell’era di Boris Eltsin, ma l’hanno fatto grazie al fatto di agire sempre più come proxy del potere politico, ossia personaggi direttamente legati alla cerchia del presidente russo Vladimir Putin, o semplicemente scesi a patti con lui per sopravvivere». Redattori del quotidiano La Stampa, Iacoboni e Paolucci dimostrano oltre trent’anni di influenza della Russia in Italia utilizzando atti di commissioni parlamentari italiane e straniere, inchieste giudiziarie ormai pubbliche, ma soprattutto documenti dell’intelligence, interviste con fonti politiche e finanziarie, documenti societari sugli schemi finanziari, non di rado offshore. E spiegano: «Non si capirebbero le modalità con cui i russi hanno conquistato l’Italia se non si considerasse – assieme all’intensificazione della presenza di spie e delle operazioni di intelligence russe sul territorio italiano – la forza del flusso di denaro immesso nel Belpaese dagli oligarchi putiniani, quasi sempre usando complessi schemi societari, e schermando la provenienza dei soldi nei paradisi fiscali».

Questo volume e gli altri segnalati in queste righe sono destinati a lettori che desiderano approfondire. Leonid Mlecin è autore del saggio «Perché Stalin creò Israele» (Sandro Teti Editore, 2021, pp. 238, euro18). Un titolo provocatorio, ma necessario per ricordare che furono Stalin e il blocco comunista a dare l’appoggio immediato alla risoluzione 181 dell’Onu che sancì il diritto allo Stato di Israele. Di fatto, senza l’Unione Sovietica guidata da Stalin probabilmente Israele non avrebbe visto la luce, o tutto sarebbe stato più complicato, affermò il premier israeliano Golda Meir. Come scrive Moni Ovadia nella postfazione, il merito di questo volume è «mettere in sacco gli ideologismi che ancora ammorbano il nostro panorama politico culturale cui fa comodo pensare che lo Stato di Israele fu un figlio dell’imperialismo statunitense, ignorando il fatto che negli anni della nascita dello Stato ebraico negli Usa infuriava il maccartismo, noto come caccia alle streghe comuniste, ma in realtà anche una furiosa e ben orchestrata campagna antisemita. Le vittime del maccartismo furono in soverchia maggioranza ebrei e mezzi ebrei».

Un ulteriore volume per lettori curiosi è il saggio storico «Avanzando nell’Oriente in fiamme. Il sogno di Lenin di un impero in Asia» di Peter Hopkirk (Mimesis, trad. Annalisa Sanson, 2021, pp. 318, euro 20). In questo libro ambientato in Asia centrale all’indomani della Rivoluzione d’Ottobre, il giornalista e storico britannico racconta il tentativo bolscevico di incendiare l’Oriente con la dottrina del marxismo. Il progetto di Lenin prevedeva dapprima un’insurrezione nell’India britannica per dimostrare i limiti dell’imperialismo inglese, creando i presupposti per una rivoluzione in Gran Bretagna. Un libro avvincente, i cui protagonisti sono spie britanniche, rivoluzionari comunisti e signori della guerra.