A due anni esatti dalla sua morte, c’è poco spazio a Fermo per la memoria di Emmanuel Chidi Namdi. Oggi pomeriggio (ore 19 e 30) in piazzale Girfalco, il Comitato 5 luglio ha organizzato un incontro con Kurosch Danesh della Cgil, Andrea Bellardinelli di Emergency e Andrea Costa di Baobab Experience (seguirà concerto di Baba Sissoko e Roberto Zechini), ma appena una decina di giorni fa il consiglio comunale ha deciso di eliminare la dicitura «vittima del razzismo» sulla targa commemorativa che verrà piazzata nel punto in cui il giovane nigeriano perse la vita dopo una rissa con l’italiano Amedeo Mancini, che si era rivolto a sua moglie chiamandola «africans scimmia».

PER LA CRONACA: CHIMIARY, la compagna di Emmanuel, ha dovuto abbandonare Fermo a causa di un clima a dir poco ostile pochi mesi dopo l’omicidio del marito, mentre Mancini ha patteggiato una pena di quattro anni, ha scontato più o meno tre mesi di detenzione ed è libero dallo scorso maggio. E così la discussione in consiglio comunale si è arenata su quella parola – «razzismo» – che pare impronunciabile, anche quando davvero il vocabolario non offre alternative. Nelle Marche è andata in questo modo con Emmanuel e, pochi mesi fa, anche a Macerata, quando il leghista Luca Traini aprì il fuoco e ferì sei africani.

E ANCHE QUI SI PARLÒ DI «FOLLIA», di «esasperazione», di «rabbia», ma mai di razzismo, in un dibattito pubblico paralizzato dalla paura e dall’indignazione a buon mercato. Va da sé che lo scorso 4 marzo, alle elezioni politiche, il partito di Matteo Salvini ha fatto la parte del leone sia a Fermo sia a Macerata, accaparrandosi consensi come mai prima.
Dalle parti del Comitato 5 Luglio, comunque, provano a dipingere una realtà diversa, con una coraggiosa dose di speranza e nel tentativo di coinvolgere l’intera città nel ricordo di una vicenda che venne vissuta quasi con fastidio sotto ai portici di Fermo.

«DOBBIAMO RICORDARE ciò che è successo veramente e che è stato acclarato dalla magistratura – spiega Peppino Buondonno -, dire questo non significa che l’intera città sia razzista, questo è un ritornello sciocco che si sente troppo spesso. Nessuna città è razzista, ma tutto il paese rischia di diventarlo se non c’è una reazione anche in termini di giustizia sociale». Così, la serata di oggi diventa, nelle parole del coordinatore dei servizi Sprar del territorio Alessandro Fulimeni, «un momento di festa e allo stesso tempo di restituzione della memoria». Un anno fa a marciare tra le vie della città furono quasi in duemila, oggi invece non ci sarà corteo.

MANO TESA, comunque, verso l’amministrazione comunale (civica ma con una qualche connotazione a sinistra): il Comitato ringrazia per aver concesso il piazzale del Girfalco, anche se ancora non è chiaro se qualche rappresentante del Comune si farà vivo.

Resta il ritratto in chiaroscuro di una città di provincia come mille altre, stretta tra orrori e speranze, confusa e contraddittoria come chiunque di questi tempi. Anche il voto in consiglio comunale sulla targa per il nigeriano ammazzato è difficile da leggere: la proposta è arrivata dalla sinistra, il Pd si è astenuto, mentre quelli del M5s si sono divisi, con un voto a favore e un’uscita dall’aula. Contraria ovviamente la destra, e l’assemblea civica non è riuscita a mettersi d’accordo, consegnando alla città un monumento a metà: ricordo della vittima ma senza specificare i motivi della sua morte.

Sullo sfondo, nel cimitero di Capodarco, c’è la tomba di Emmanuel. Il suo corpo, prima o poi, tornerà a casa, in Nigeria. Ma i soldi per farlo non si trovano ancora.