Il ministro dell’Interno algerino, Kamel Beldjoud, ha annunciato che d’ora in poi per poter organizzazione manifestazioni bisognerà passare dal ministero, indicando «l’orario di inizio e di fine della manifestazione, il suo percorso e gli slogan che verranno utilizzati». Su Facebook il ministro ha ricordato che è «quanto prevede la Costituzione emendata nel 2020», aggiungendo che «il mancato rispetto di queste procedure sarà considerato una violazione della legge, quindi queste marce saranno considerate illegali e trattate come tali».

I primi segnali si sono visti ieri, nella consueta giornata di protesta (martedì) degli studenti che è stata bloccata dai servizi di sicurezza, dispiegati in massa in tutti i principali luoghi di raduno ad Algeri, con numerosi arresti tra i giovani manifestanti e con il fermo di alcuni giornalisti (tra cui Khaled Drareni già incarcerato per oltre 10 mesi per aver documentato le manifestazioni di protesta)

UN CHIARO MESSAGGIO DI SFIDA del presidente Abdelmajid Tebboune al movimento Hirak e dopo che lo scorso 7 maggio, per il 116° venerdì consecutivo di protesta, il corteo aveva deviato l’abituale percorso di questi anni evitando di fermarsi nella storica piazza della Grande Poste, dove erano schierate in gran numero le forze di sicurezza.

Un gesto che secondo Karim Tebbou, uno dei leader del movimento, denota la volontà dell’Hirak di mantenere il messaggio «pacifico» della protesta – lo slogan «silmya» è fortemente presente nelle manifestazioni – evitando «ogni possibile scontro». Secondo Tabbou è «una dimostrazione di adattamento e organizzazione dell’Hirak, considerato un movimento che non ha né testa né strutture».
Durissime le reazioni da parte della società civile algerina per questa nuova misura restrittiva. Saïd Salhi, vicepresidente della Lega algerina per la difesa dei diritti umani (Laddh) la definisce «una misura illegittima con cui il potere dietro la democrazia di facciata mostra il suo vero volto dittatoriale».

ACCESA ANCHE LA DISCUSSIONE sui social, a causa di alcune scene di violenza poliziesca. Il caso più eclatante è stata l’aggressione nei confronti del 61enne Kamel Bourmad, picchiato brutalmente da alcuni agenti mentre manifestava pacificamente ad Algeri e successivamente arrestato con l’accusa di «attentato alla sicurezza nazionale».

Per l’avvocato e attivista per i diritti umani, Abdelghani Badi, le immagini evidenziano «lo stato dei diritti in Algeria e la volontà del regime di provocare i manifestanti e incitarli alla violenza». Secondo il Comitato nazionale per la liberazione dei prigionieri (Cnld) sono almeno 80 le persone arrestate nell’ultima settimana e in attesa di giudizio. In un clima totalmente differente da quello presentato questo sabato dal presidente Tebboune, secondo il quale «le legislative del 12 giugno consolideranno il processo di democrazia e rinnovamento intrapreso dal governo». Un voto che, al contrario, vedrà in lizza solo i partiti legati al regime – Fronte di Liberazione Nazionale (Fnl), Raggruppamento Nazionale Democratico (Rnd) – e la compagine islamista.

LE PRINCIPALI FORZE del Patto dell’Alternativa Democratica (Pad), opposizioni di sinistra vicine all’Hirak, confermano il boicottaggio. Mentre il Paese vive «una delle peggiori crisi economiche e sociali della sua storia, senza alcuna soluzione proposta dal governo, se non la repressione», come dichiarato dalla segretaria generale del Partito dei Lavoratori (Pt), Louisa Hanoune.