La situazioni nelle carceri italiane è quella di sempre. Un po’ peggio di sempre: suicidi (sono 44 dall’inizio dell’anno), sovraffollamento, strutture degradate, presidi medici carenti, scarso personale. Ieri mattina, però, a leggere l’intervista rilasciata dal ministro Carlo Nordio al Sole 24 Ore c’era quasi da tirare un sospiro di sollievo: «Alcuni rimedi sono già all’orizzonte», l’annuncio trionfale. Quali? «Il decreto legge portato al consiglio dei ministri oggi (ieri, ndr), che prevede risorse aggiuntive, incrementa la dotazione organica del personale penitenziario, accelera la costruzione di nuovi padiglioni, ma soprattutto semplifica la procedura della liberazione anticipata». Evviva. Finalmente Nordio si è ricordato di avere la fama del garantista e ha deciso di intervenire sul buco nero del carcere. Peccato che al consiglio dei ministri del decreto non si è parlato.

«Vogliamo ancora arricchire il testo», ha spiegato il sottosegretario Andrea Ostellari. Benissimo, ma non è la prima volta che Nordio annuncia qualcosa che poi non avviene. Oppure nega qualcosa che alla fine si verifica: un mese e mezzo fa, al congresso di Palermo dell’Anm, il ministro era intervenuto per dire che la separazione delle carriere sarebbe slittata a dopo le europee, a causa della campagna elettorale e perché bisognava affrontare l’emergenza Fentanyl. Nemmeno tre settimane dopo la riforma costituzionale è stata approvata dal consiglio dei ministri. In compenso della piaga del Fentanyl non se n’è saputo più niente. Forse Nordio dovrebbe cominciare a domandarsi se e quanto i suoi colleghi ministri lo tengano informato delle attività del governo.