Intervista a Igor Vishnevezky attivista del movimento contro la discarica a Shyes.

Come è sorto il movimento contro la discarica della spazzatura moscovita?

Dalla gente che vive nei dintorni di Shyes quando seppe nell’agosto del 2018 che sarebbe stata costruita una grande discarica dei rifiuti della capitale, grazie a un accordo tra l’amministrazione di Mosca e quella di Arkhangelsk. Ci fu subito una forte mobilitazione in cui la gente chiedeva chiarimenti. Dovemmo attendere le prime conferme per 3 mesi e anche i mass-media continuarono a mantenere un religioso silenzio su quanto bolliva in pentola. Ancora oggi malgrado la costruzione del poligono sia molto avanzata, la popolazione non ha avuto il bene di vedere dei documenti ufficiali. Ci aiutò allora la rete a fare controinformazione attraverso i social e non solo. Già alla metà di agosto fummo in grado di produrre un documentario su quanto stava accadendo. Le conseguenze ecologiche sarebbero devastanti non solo per la zona circostante ma anche in una vasta area che coinvolge città come Archangelsk e Syktyvkar, con una popolazione coinvolta di quasi un milione di persone.

Come si è allargato il movimento?

Ad Archangelsk c’era già da tempo in piedi un forte movimento ecologista legato a loro problematiche locali, è stato quindi naturale solidarizzare e collegarsi anche a questa lotta. Qui da noi nel Komi è stato subito chiaro che se seppure il deposito di spazzatura si trova nel territorio di un’altra provincia le conseguenze sulla qualità della nostra aria e sulla nostra acqua sarebbero pesantissime. Così abbiamo iniziato a coordinarci e mobilitarci a livello interregionale.

Nella provincia di Mosca ci sono altri movimenti contro le discariche. Siete in contatto con loro?

Sì, anzi ora si sta preparando una mobilitazione a cui parteciperanno una decina di diverse realtà che avrà la questione della nostra discarica come elemento centrale. Non è possibile affrontare nel mondo civilizzato la questione della spazzatura di una capitale trasportandola via treno a migliaia di chilometri di distanza. Siamo propositivi: la strada maestra deve essere quella della differenziazione e del riciclo. Siamo in contatto con altri movimenti ecologisti in Europa e ci piacerebbe averne anche con quelli italiani.

Come si struttura il vostro movimento?

È un movimento senza leader e senza dirigenti. Ci strutturiamo in modo orizzontale, attraverso il continuo contatto tra gli attivisti con internet e i social. Qui nel Komi partecipa, a differenza di Archangelsk, il partito comunista composto da molti giovani attenti alle questioni sociali. Ma è soprattutto un movimento di popolo. Alla nostra ultima manifestazione hanno partecipato 70mila persone, come se a Mosca fossero scese in piazza mezzo milione di persone.

Ritenete che la vostra lotta abbia anche un più ampio profilo politico?

Certo il potere centrale non può cavarsela dicendo che è una questione locale, si tratta di un problema più generale di modello di sviluppo. E poi esiste una questione di rapporto tra centro e regioni. Non è possibile che di tutte i prelievi fiscali che Komi subisce da Mosca l’unica cosa che abbia in cambio sia la spazzatura. La Lukoil quest’anno ha fatturato 400 miliardi di rubli qui da noi e non abbiamo visto un copeco. L’approccio del governo centrale nei nostri confronti, e non solo nei nostri confronti, è colonialista. In questo modo la nostra repubblica va verso il declino, anche socialmente come è evidentissimo a Vorkuta. Sì è vero ci sono le sanzioni straniere ma a soffrire con la caduta del tenore di vita sono i più poveri mentre gli oligarchi continuano a prosperare.
Ora ci dicono che l’impianto sarà di “livello europeo” dal punto di vista ecologico e della sicurezza. Ma se è così perché non lo fanno nella periferia di Mosca?