Seduti all’ingresso tre ragazzini del Mali e due tunisini ascoltano le notizie trasmesse dalla televisione francese. «Si interessano a tutto, ma vanno pazzi per il calcio», spiega Vincenzo Amato, il dipendente della Protezione civile responsabile di questa ex scuola diventata un punto di accoglienza per i piccoli immigrati che arrivano da soli in Italia. «Abbiamo chiesto alle squadre di calcio locali di regalarci le loro magliette da dare ai ragazzi e le vogliono tutti. Tra l’altro giocano anche bene. C’è un ragazzo nigeriano che assomiglia molto a Balotelli e per scherzo gli diciamo: ’bravo ci hai fatto perdere il mondiali’».

I mondiali forse no, ma una piccola Coppa d’Africa alla scuola verde di Augusta, in provincia di Siracusa, si potrebbe giocare di sicuro. «Sono bravi soprattutto a palleggiare», spiega ancora Vincenzo mentre un ragazzino egiziano con una maglietta grigia e verde e in testa un cappellino da baseball gli chiede per l’ennesima volta l’accendino. «Eccolo, ma a fumare vai fuori, no smoking qui» risponde Enzo facendo per finta la voce grossa.

Fino a settembre dell’anno scorso la scuola verde, come la chiamano tutti per via dei muri esterni di questo colore, era solo un vecchio edificio scolastico abbandonato e in attesa di essere ristrutturato. Allora non c’era da affrontare nessuna particolare emergenza legata all’immigrazione, tanto che bisogna risalire almeno a dieci anni fa per trovare traccia del primo e unico sbarco avvenuto ad Augusta. Forse più un errore di rotta che altro. L’operazione Mare nostrum ha invece trovato nella cittadina siciliana un porto sicuro dove far arrivare le migliaia di disperati in fuga dalle sponde opposte del Mediterraneo. E la situazione è improvvisamente cambiata. «Da ottobre dell’anno scorso a oggi ci sono stati 67 sbarchi», spiega il prefetto Maria Carmela Librizzi, uno dei tre commissari che dal marzo dei 2013 governano il comune dopo il suo scioglimento per mafia. «In questi mesi sono arrivati 30mila migranti, e di questi 3.174 sono minori non accompagnati». Se si considera che, secondo Save the Children, dal 1 gennaio al 17 giugno scorso sono arrivati in tutto circa 6.000 bambini senza un adulto che badasse a loro, si capisce come Augusta abbia dovuto affrontare il peso maggiore di questa situazione. E ha reagito come meglio non avrebbe potuto, cercando di fare il possibile per dare a questi piccoli migranti in fuga da guerra e miseria un futuro.

Oggi il comune di Augusta si prende cura di 450 migranti tra i 15 e i 17 anni, quasi tutti maschi e distribuiti in quattro strutture: 180 alla scuola verde, 100 nel centro papa Francesco di Priolo, 70 all’hotel Haloa di Porto Palo e 100 alla villa Montevago di Caltagirone. Arrivano da Egitto, Mali, Nigeria, Eritrea e Senegal. «Parliamoci chiaro: sono strutture di emergenza, inadatte a dei minori, ma nelle quali siamo comunque in grado di offrire loro la migliore assistenza possibile», spiega il prefetto Librizzi.

Quella dei bambini migranti che viaggiano da soli è una novità degli sbarchi di quest’anno, almeno per il gran numeri di arrivi. Partono da soli sperando di poter raggiungere i parenti che già si trovano in Europa, o vengono caricati sui barconi dalle famiglie che così sperano di salvarli dalle guerre che devastano i loro Paesi e di garantire loro, forse, un futuro altrimenti impossibile. Sfruttando a volte anche il fatto che far viaggiare un minore costa meno di un adulto. Quando arrivano in Italia hanno alle spalle viaggi durati molti mesi, e non privi di rischi e violenze. «Fisicamente non presentano grosse patologie, e di sicuro nessun problema dal punto di vista epidemiologico, come purtroppo a volte si tende a esagerare», spiega Michele Iacovelli, coordinatore di Emergency a Siracusa. I problemi più gravi spesso sono psicologi. Ad Augusta, nella scuola verde, il comune riesce comunque a garantire un’assistenza, sia medica che psicologica. Dodici medici, tra Asl, guardia medica e volontari, si alternano ogni giorno insieme a cinque assistenti sociali, mediatori culturali e psicologi. E nessuno bada agli straordinari. «Molti sono volontari», prosegue il prefetto. «Bisogna tenere conto che mentre i minori che richiedono asilo politico sono di competenza del ministero degli Interni, che li invia negli Sprar (sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati), quelli che non fanno richiesta di asilo dipendono dal ministero del Lavoro e delle politiche sociali che, al contrario di quanto fa il Viminale, non si preoccupa di reperire le strutture dove alloggiarli né delle spese, fatta eccezione per un contributo di 20 euro pro capite al giorno mentre ne servirebbero almeno 70».

Se non tutto, molto è allora affidato ai volontari. I boyscout organizzano corsi di italiano e la domenica invitano i piccoli immigrati a mangiare con loro, la parrocchia fornisce vestiti e pasti, ma c’è anche chi ha preso in affido un ragazzo. Il Comune è poi riuscito a stipulare una convenzione con una mensa che garantisce pasti adeguati a 5 euro.

Questi sono giorni di Ramadan e la stragrande maggioranza dei ragazzi a mezzogiorno ancora dorme. «Interrompono il digiuno alle otto di sera e poi restano svegli fino alle sei del mattino, per questo sono stanchi. E per questo le stanze sono in disordine, altrimenti fanno a gara a chi ha la stanza più pulita», spiega Vincenzo. Ogni camerata una nazionalità e almeno una decina di brandine allineate. Chi non dorme, si avvia verso la doccia, guarda la televisione o gioca a calcio nel campetto di cemento che si trova nel cortile interno della scuola. Oppure esce e va in giro per la città, dove non è raro che qualcuno gli offra da magiare. «Poi vengono qui e dicono che il cibo non è buono, anche se poi fanno sempre sparire tutto», si lamentano gli operatori. Il menù prevede datteri, latte, pollo e pasta, inoltre ogni nuovo arrivato riceve un kit composto da un paio di pantaloni in cotone blu, una maglietta bianca, mutande usa e getta, spazzolino e dentifricio. Più sapone e shampoo per l’igiene personale. E poi ci sono i vestiti donati dagli abitanti di Augusta. «Wait in line» ammonisce un cartello sulla porta del magazzino vestiti.

«Il Comune fa quello che può, ma è chiaro che la gestione dei minori non può essere affidata solo alla buona volontà dei servizi sociali dei comuni. Manca ancora una visione nazionale del problema dei minori non accompagnati», osserva Alessio Fasulo, coordinatore interventi Frontiera Sud di Save the Children. Un problema che conosce bene anche il prefetto Librizzi. «Abbiamo chiesto alla regione di istituire una cabina di regia per coordinare gli interventi – dice – E poi c’è il rammarico di non poter offrire a questi ragazzi un futuro, l’impossibilità almeno per ora di avviare dei corsi professionali». Con una preoccupazione in più, che il prefetto conosce bene: «Bisogna stare sempre molto attenti, perché in questo momento i ragazzi immigrati rappresentano anche una fonte di guadagno e qualcuno potrebbe approfittarne aprendo comunità di accoglienza dove chissà poi come verrebbero trattati».