In queste giornate di distesi silenzi e di strade deserte, negozi chiusi e solleone a picco, piscine piene ed autostrade sanguinolente, una delle consolazioni del lettore dei quotidiani consiste nello scorrere la prima pagina del giornale e trovare articoli anche su quattro colonne dal titolo «Afa a Milano», «Caldo insopportabile a Roma», «La città è deserta» e così via. I nostri occhi percorrono ghiottamente quelle colonne in cui ci si racconta con dovizia di particolari quello che, a pensarci bene, sappiamo già benissimo, dato che leggendo ci tergiamo il sudore nella città vuota e silenziosa.

Badate, non si sta dicendo che è inutile che il giornale dia notizie meteorologiche, perché anche chi ha caldo gradisce sapere che suda a 32 gradi piuttosto che a 34 gradi; e non si pensa tanto ai giornali a tiratura nazionale i quali hanno anche la funzione di far sapere a chi sta a Roma che a Milano fa caldo e a chi sta in vacanza entrambe le cose.

Qui si sta pensando a notizie del genere pubblicate su giornali locali e pubblicate in giugno e ai primi di luglio. Quindi il problema non dipende dalla carenza di notizie nelle settimane estive: anche perché con Al-Fatah massacrato, gli agrari che ammazzano i sindacalisti, gli astronauti sulla Luna, le notizie almeno per questo agosto non mancano. Eppure i giornali occupano grandi tagli bassi di prima pagina per dire «Afa a Milano».

Si tratta di una notizia limite che tuttavia perfeziona un procedimento tipico della stampa quotidiana: si pensi per esempio alle notizie sugli acquazzoni, sul freddo o sulle nevi che giustificherebbero al massimo un breve bollettino del tempo.

La prima ragione di questo procedimento dipende da quello che ormai è un teorema nel mondo delle comunicazioni di massa: esse trionfano quando dicono ai propri utenti quello che sapevano già. Non vi è nulla di più confortante che sentirsi ripetere notizie già possedute. L’utente non viene messo in crisi, si diverte, si crogiola nel normale, viene riconfermato nelle proprie opinioni e ripaga il mezzo di massa con il suo consenso e con il suo contributo economico.

In questo senso il meccanismo della notizia ovvia è lo stesso che presiede alla composizione di una canzone di Sanremo: sia le parole che la musica devono ricordare una canzone precedente, in modo che il prodotto sia subito riconosciuto ed amato. Un poco come quegli uomini (tutti?) che cambiano anche moltissime donne, ma tutte assomigliano in modo diverso alla mamma. Il cittadino tranquillo non deve mai uscire dall’utero.

Ma il secondo motivo è più interessante. Qual è la funzione principale di una notizia «afa a Milano» letta da un milanese e concernente cose che il milanese sa già benissimo? E’ quella di aumentare la credibilità dell’organo di stampa.

Se io leggo «afa a Milano» mentre mi liquefo dal caldo, la prima reazione è quella di dire «è proprio vero». Tocco con mano che quel giornale mi dice le cose proprio come stanno. E istintivamente, dato che il mio riconoscimento di veridicità investe almeno cinque colonne di una pagina, sono portato a pensare che anche tutte le altre notizie (e quelle false notizie che sono le valutazioni) siano vere. E tanto più saranno vere quanto più ripeteranno le notizie e le valutazioni del giorno prima, dicendomi quindi quello che il giornale mi dice sempre e non turbando il mio equilibrio morale e politico.

Ci vuole così poco. Se il manifesto invece di rompere le scatole con notizie inquietanti dedicasse più spazio a notizie del tipo «oggi è domenica» e «siamo nel cuore dell’agosto», aumenterebbe subito la tiratura e eviterebbe di dover fare onerose collette tra i lavoratori.

Che gli altri giornali fanno lo stesso, ma in modo più indolore, aumentando il prezzo e facendo dare come resto una caramella. Il che rende assai di più di 10 milioni che questo strano giornale va sbandierando, mentre racconta ai suoi lettori che sì, fa caldo, ma a Kartum e non a Milano, rovinando le vacanze agli onesti cittadini i quali sono costretti, per difendersi, a non leggerlo.

il manifesto, 8 agosto 1971