Il regista e scrittore Davide Ferrario pare si stia specializzando in sofisticati documentari intellettual-culturali come quello dedicato al poeta Franco Arminio (Nuovo cinema paralitico), film nei quali un’immagine accuratissima si combina con una narrazione molto densa come nel recente Umberto Eco, la biblioteca del mondo, dedicato al rapporto dell’illustre semiologo-romanziere con i libri, con la sua biblioteca, che egli stesso definisce «una biblioteca semiologica, curiosa, lunatica, magica e pneumatica.»
Questa spropositata biblioteca conta più di 30,000 volumi e tale era il suo peso che Eco fu sfrattato e dovette lasciare la casa in cui abitava perché minacciava di crollare. Nella casa in cui visse successivamente un labirinto di scaffali conserva questo patrimonio meraviglioso, custodito amorevolmente dalla moglie Renate e da figli e nipoti, ma i libri antichi verranno donati alla Biblioteca Nazionale Braidense di Milano, mentre il resto andrà alla biblioteca dell’Università di Bologna dove Eco ha insegnato. Nella parte «moderna» della biblioteca Eco lavorava, in quella che conserva i libri antichi suonava il flauto e rifletteva.

Il film propone diverse interviste con Eco, in cui dichiara per esempio che noi siamo la nostra memoria, quella organica del nostro cervello, quella minerale del silicio nel computer e quella vegetale, bibliofila, che secondo Eco diventa il corrispettivo della memoria individuale, lamentando come la memoria elettronica in realtà non sia destinata a durare in eterno, se è vero che i vecchi floppy disc dei nostri primi computer sono illeggibili in quelli nuovi.

Eco racconta che nell’ infanzia era stato felice di leggere un po’ di tutto, perché «quel tanto di vita che si conquista leggendo non discrimina tra opere d’arte e letteratura d’intrattenimento.» Il semiologo infatti è stato sempre attratto dalla cultura popolare, l’ha studiata ma l’ha anche prodotta, in un certo senso, per esempio scrivendo Il nome della rosa, il suo primo romanzo che afferma di odiare («i cinque romanzi successivi sono migliori»). L’ispirazione gli venne quando un’amica gli parlò di un progetto editoriale in cui si volevano raccogliere dei brevi racconti polizieschi scritti da non-romanzieri. Ironicamente Eco disse che voleva scrivere invece un librone di 500 pagine e ambientarlo nel Medioevo, ma che obbedisse comunque alla domanda chiave «who done it». Subito compose una lista di nomi per i monaci, chiese a un amico come si poteva avvelenare un libro, ma poi buttò la risposta «perché se per caso moriva qualcuno nella sua famiglia, non venir accusato»). Disegnò anche le facce dei vari personaggi e poi varie versioni del labirinto, che il film ci rivela in tutta la loro accurata visualizzazione. L’abbazia di San Gallo fu una delle ispirazioni per l’ambientazione. In questo contesto Eco sostiene che un romanzo non si scrive con il cuore o con la fantasia ma «con sega, pialla e martello» perché bisogna creare un mondo.

Non a caso dunque anche il suo libro più noto è ambientato in una biblioteca, perché è palpabile nelle interviste questa passione per i libri. Libri strani sulle scienze occulte, di linguaggi inventati, di alchimia, e piuttosto i libri sbagliati, non Galileo ma Tolomeo o libri falsi dalle illustrazioni bellissime. Suo nipote sfoglia per esempio il libro del giardino degli scheletri con le sue divertenti illustrazioni horror alla Tim Barton che il nonno gli lasciava in mano per compensarlo del divieto di guardare i cartoni animati.

Le letture di brani dei libri di Eco sono affidate a Giuseppe Cederna, Niccolò Ferrero, Paolo Giangrasso, Walter Leonardi, Zoe Tavarelli, Mariella Valentini e ambientate in biblioteche ora moderne ora antiche, comunque straordinarie. Queste letture, le affascinanti conversazioni con Eco o i commenti, le osservazioni dei suoi familiari sono intervallate infatti da immagini assai evocative di diverse biblioteche nel mondo, che vale la pena di elencare perché i loro ambienti suscitano di per sé il desiderio di immergersi nella lettura di qualche antico tomo, o di qualche libro esotico: la biblioteca Reale di Torino, la Braidense di Milano, la biblioteca Arturo Graf di Torino, la biblioteca comunale di Imola, l’Accademia delle scienze di Torino, la Stadt Bibliothek di Ulm, la BibliothekeKssal Kloster di Wiblingen, la Stadtbibliothek di Stuttgart, la Stifsbibliothek di St.Gallen in cui sembra aggirarsi il fantasma di Guglielmo da Baskerville, la biblioteca Norberto Bobbio dell’Università di Torino, la Vasconcelos di Città del Messico, e la fantascientifica Binhai Library di Tianjin in Cina. Immagini avveniristiche come la gigantesca biblioteca messicana e soprattutto quella cinese si alternano a quelle di luoghi mitici come la biblioteca di Imola o quella di Wiblingen, cattedrali del sapere che profumano di legno antico, evocando l’eredità bibliofila di Eco.