Luciana Castellina ha polemizzato sul manifesto con un passo dell’intervista di Fausto Bertinotti pubblicata da Repubblica, in particolare riferendosi al passaggio in cui l’ex-segretario di Rifondazione sostiene che sarebbe catastrofico “sostituire la lotta di classe con l’ecologismo”.

Secondo Castellina non si deve contrapporre la prima al secondo, perché sarebbe un errore “che potrebbe ostare molto caro alla sinistra tutta”.

Ma Bertinotti in verità non opera questa contrapposizione e anzi polemizza con chi, come lo storico Donald Sassoon, rischia di cadervi; d’altro canto anche Castellina conclude che bisogna tener insieme lotta di classe ed ecologia, sinistra storica e movimenti. Le posizioni alla fine coincidono e la polemica si stempera.

La critica semmai avrebbe dovuto concentrarsi su un altro aspetto del ragionamento di Bertinotti. Non la contrapposizione fra lotta sociale ed ambientalismo, che non c’è, ma fra lotta sociale e politica, che c’è ed è un vizio inestirpabile della sinistra radicale italiana. Bertinotti infatti si mostra entusiasta delle “tante lotte” che vede svilupparsi nel mondo, dai giovani di Friday for future ai vari movimenti antiautoritari ed egualitari, ma di contro afferma perentoriamente che “la politica è morta e la società si risveglia nella ribellione”.

Proprio questa contrapposizione fra politica e società, l’una morta l’altra viva, l’una burocratica l’altra ribelle, avrebbe meritato attenzione e critica. Perché questa antipolitica di sinistra è una delle cause principali della sua crisi particolarmente in Italia. Bertinotti non a torto paventa nel liberismo dilagante una forma estrema di “neutralizzazione del conflitto di classe”, il pericolo è però che chi alimenta equivoci antipolitici si faccia complice proprio di quella neutralizzazione.

Qui Castellina ha ragione di concludere che se è giusto ripartire da Marx e dalla sua concezione della lotta di classe, innestandola sui temi nuovi dell’ecologia e dei diritti, mai però si deve dimenticare che il primo compito politico oggi e sempre è “aggregare il soggetto antagonista”, riportarlo cioè alla politica, all’organizzazione, al progetto. Perché “non basta la protesta: serve, per far nascere il nuovo soggetto, più mediazione politica e culturale di un tempo”. Occorre più politica, non meno; mai opposizione sociale senza progetto politico.

Alla fine si torna al problema di sempre: un nuovo partito della sinistra del XXI secolo, per il capitalismo del XXI secolo.