«Il sentimento più forte che proviamo è il dolore delle madri», dice Roxana. Poi si ferma e si passa le dita sugli occhi lucidi. Vive da 20 anni in Italia ma in Ucraina, nelle città di Leopoli e Kiev, ha tutti i parenti. In mano stringe una foto con una colomba bianca e la bandiera ucraina. Dietro di lei un cartello con scritto «Stop war». Intorno il presidio convocato dall’Associazione cristiana degli ucraini. I colori della piazza sono quelli del vessillo nazionale: il blu del cielo e il giallo del grano. I manifestanti si stringono sul marciapiede davanti alla Biblioteca nazionale, a Roma. Ad alcune decine di metri c’è l’ambasciata russa. All’imbocco della strada che la ospita, via Gaeta, un secondo presidio meno numeroso lanciato dal Partito democratico. Oltre alle bandiere Pd, quelle dei Verdi e della pace.

«DA CASA ARRIVANO notizie di aerei russi e carri armati che avanzano su più fronti. Putin si sente padrone del mondo. Ormai il dialogo e la diplomazia sono superate. L’Europa deve adottare sanzioni durissime e isolare la Russia. Siamo amici del suo popolo, ma la politica del dittatore è inaccettabile», afferma Olga. Nata nel paese sotto attacco, vive qui da 22 anni. Lavora come badante. I servizi domestici e alla persona sono l’occupazione prevalente di una delle più numerose comunità straniere. I dati Istat del 2021 dicono che da queste parti gli ucraini sono 236mila. Anzi, le ucraine: il 77% sono donne. Secondo l’osservatorio nazionale sul lavoro domestico Domina il 15% di chi lavora nel settore viene da quel paese. In Europa è la presenza maggiore.

Un cartello contro Putin nella piazza romana, foto di Giansandro Merli

«VIVO QUA, ma sono molto delusa da Draghi. Voleva incontrare Putin, che è un assassino», dice Maria. È di Cernivci, vicino al confine con la Romania. Accanto a lei una ragazza fissa lo schermo del cellulare e si asciuga le lacrime, poi si allontana preoccupata a telefonare. Dal microfono dicono: «sono cadute le maschere, chi ci accusava di essere nazisti si comporta come Hitler e invade un altro paese». «Assassino» e «nazista» sono le parole che accompagnano più spesso il nome di Putin. Oltre a parlare, si canta: l’inno nazionale, preghiere, motivi religiosi e militareschi.

APPLAUSI accolgono l’arrivo del segretario Pd Enrico Letta e del sindaco della capitale Roberto Gualtieri. Sono appena intervenuti nell’altro capannello, sul lato opposto della strada. Si fanno largo tra i fotografi per avvicinarsi al microfono. «La lotta non finirà finché l’Ucraina non sarà libera dall’invasione sovietica», dice Letta. Poi si corregge: «dall’invasione russa». E continua: «Non è vero che gli italiani vogliono bene a Putin, noi vogliamo bene all’Ucraina». Lo ringraziano anche per un messaggio twittato in mattinata usando la lingua di Kiev. «Prevalgano il diritto internazionale e il rispetto dei confini. Roma è una città di pace. Il Colosseo si illuminerà di giallo e di blu. Domani (oggi per chi legge, ndr) manifesteremo in Campidoglio», dichiara Gualtieri. «Grazie, grazie – dice una donna – Anche se i monumenti illuminati non salveranno i nostri figli». Un ragazzo passa veloce in motorino e grida: «Fuori l’Italia dalla Nato».

QUA E LÀ SVENTOLANO bandiere bianche e rosse: a strisce, per l’opposizione bielorussa, e con le croci, per la Georgia. «Noi bielorussi siamo fratelli di ucraini e russi. Ma Putin ha superato il punto di non ritorno. Non si può accettare questa invasione. È un’aggressione militare senza motivo. Capisco le difficoltà dell’Europa con gli affari e l’energia ma servono sanzioni durissime», dice Olga, della comunità bielorussa di Roma. «Quello che sta succedendo adesso in Ucraina in Georgia lo abbiamo vissuto nel 2008. Quattro persone della mia famiglia hanno partecipato a quel conflitto. Capisco il dolore. È una vergogna che nel 2022 Putin possa continuare con questo sadismo. Basta guerre, vogliamo la pace», afferma Maka, nata nella città georgiana di Kutaisi.

Ragazze russe contro la guerra, foto di Giansandro Merli

DUE RAGAZZE giovanissime alzano dei cartelli: «Siamo russe e contro la guerra», «Putin non è la Russia». «Vuole mostrare il suo potere, ma a noi non serve attaccare le sorelle e i fratelli ucraini. Per le persone normali la guerra è la cosa peggiore. A Mosca e in altre città ci sono persone che stanno protestando contro questo conflitto inutile e vengono represse e arrestate», dice Maria. Nata nella capitale russa, 22 anni, è a Roma per studiare economia e management.

MANIFESTAZIONI ci sono state in molte città europee: Londra, Berlino, Bruxelles, Varsavia, Amsterdam, L’Aia, Barcellona. In Italia in migliaia sono scesi in strada a Napoli, con una grande bandiera arcobaleno, e Bologna, dietro lo striscione: «No alla guerra. Né con Putin, né con la Nato». A Genova in piazza de Ferrari oltre 500 persone hanno risposto all’appello di Pd, M5s, Si e Arci. A Torino gli studenti di Cambiarerotta hanno aperto lo striscione: «Fuori la guerra dall’università».

La manifestazione a Bologna, foto di Guido Calamosca/LaPresse

UN NUOVO APPUNTAMENTO è previsto oggi a Palermo: manifesteranno spazi sociali, sindacati di base e comitati No Muos. Ma le mobilitazioni più importanti sono attese per domani: la piazza centrale è a Roma, ore 10.30 a Santi Apostoli. A chiamarla Rete italiana pace e disarmo, Cgil, Cisl, Uil, Emergency, Arci, Oxfam, organizzazioni studentesche e decine di altre realtà sociali. «Mai come oggi è evidente che la pace e il ripudio delle guerre devono essere la priorità dell’agenda politica italiana, europea e mondiale» recita l’appello, che invita a moltiplicare in ogni città presidi e cortei.