«Il decreto Ong dà delle regole, ne abbiamo parlato anche ieri a un incontro con il Vaticano. Nel testo non è contenuto nessun atteggiamento contrario alle Ong ma le regole vanno rispettate».

E ancora: «Non c’è dubbio sulla necessità di soccorrere le persone in mare ma un conto è il salvataggio e un conto è il passaggio uso taxi». Così il ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale Antonio Tajani, ha commentato il disegno di legge di conversione del decreto Ong che ieri è stato votato dal Parlamento.

Diverso da quello del ministro è però il parere del «Tavolo asilo e immigrazione», che include decine di organizzazioni della società civile impegnate sui temi dell’accoglienza, e che aveva invece sollecitato i deputati ad impedire l’approvazione in quanto, tra le regole invocate anche da ministro, ci sono quelle che notoriamente limitano la capacità delle Ong di salvare vite in mare, impedendo i soccorsi plurimi: una palese violazione del diritto internazionale.

Ora, se fermarsi lungo una rotta prestabilita per aiutare dei naufraghi, trasforma le Ong in taxi del mare o, peggio, in trafficanti di esseri umani, si vogliono evidentemente riscrivere le definizioni per adattarle alla temperie storica che l’Italia sta vivendo nei confronti del tema migrazione. Ad onor del vero il là a queste politiche lo aveva dato a suo tempo il ministro degli Interni Minniti, che introdusse per primo un codice per le Ong già allora in contraddizione col diritto internazionale del diritti umani. Anche in quella occasione, contestata dalle Ong internazionali, si evocarono nuove regole per meglio gestire i flussi clandestini con l unico risultato di fare crescere il numero di vittime e naufragi. Certo ora la narrazione è ancora più deformante dato che dietro di essa vivono politiche di ispirazione sovranista e contrarie al multilateralismo.

E allora, va detto con chiarezza, la necessità di limitare ad ogni costo l’attività delle Ong in questo campo, e non solo, sembra essere una delle componenti strutturali di un orizzonte politico più vasto, basti vedere l’attacco generalizzato al Terzo settore ed alla sua idea di welfare sociale. Non a caso le istituzioni europee hanno più volte preso le distanze da questo decreto, capendo bene che la posta in gioco travalica di molto il ruolo delle Ong per andare a intaccare le regole di un’azione umanitaria che, per essere tale, deve mantenere le necessarie caratteristiche di neutralità, indipendenza, non discriminazione. In altre parole non sottostare a diktat di tipo politico. Infine, tornando al decreto, va citata anche la motivazione, più volte avanzata dalle destre, che per evitare le morti in mare si debba impedire gli imbarchi stessi, cioè «aiutarli a casa loro». Dove, nei campi di concentramento libici? Pessima «idea», considerando che nell’ultima Legge di bilancio i fondi per la cooperazione allo sviluppo restino meno di un terzo di quelli che l’Italia si è impegnata a stanziare a livello Onu. In sintesi ci aspettiamo un bel «Piano Mattei» con i fichi secchi, che certo in nord Africa non mancano.

* Portavoce Cini, Coordinamento Italiano Ong Internazionali